11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 17 luglio 2017

RM 197


Così legata alla propria nuova cliente dal segreto professionale, l’avvocatessa ebbe occasione di essere travolta da un fiume in piena di informazioni: informazioni relative non soltanto al non sufficientemente lontano passato dell’investigatrice, al suo matrimonio e al suo divorzio con Desmair Von Kah e, soprattutto, alle ragioni alla base del medesimo; ma anche, e senza inibizione, a quanto occorsole, o a quanto da lei compiuto, sin dal primo incontro con Grossa Grana Federale e Smilza Grana Federale, con tutti i necessari riferimenti, quindi, anche alle ragioni per le quali era giunta a ricercare, senza particolare successo, un’occasione di incontro con il signor Kipons, prima, e, con maggiore successo, seppur in termini comunque relativi, con lei stessa subito dopo, quali unici nomi lasciati in chiaro nei rapporti consegnatile dal Bureau; passando poi per il proprio incontro con l’ex-capo, Lange Rolamo, il quale gli aveva offerto la spiacevole informazione del ritorno in città del proprio ex-marito; fino ad arrivare, alfine, alla propria recente riunione con la vicedirettrice Lavero Ramill, e alla scoperta di tutti i dettagli relativi a quel caso, e all’effettivo interesse dell’FBI nei suoi riguardi.
Per quasi mezz’ora, Midda ebbe modo di raccontare tutto ciò a ruota libera, senza freno od ostacolo alcuno, complice l’attento silenzio della propria interlocutrice, la quale, senza prendere alcun appunto, e, al contempo, senza neppure mai staccare gli occhi da lei, in tal lungo intervallo di tempo sembrò intenta ad assorbire letteralmente tutto quello, qualunque frase, qualunque parola, persino qualunque respiro da lei prodotto. E se per quasi mezz’ora la detective ebbe a parlare, al termine della propria esposizione passarono quasi dieci minuti prima che Ja’Nihr si concedesse l’opportunità di formulare il benché minimo intervento, nella probabile e giustificabile necessità di riuscire a elaborare tutto quanto appena udito, una quantità di informazione, una mole di dati, indubbiamente disarmante, fosse anche e solo da un punto di vista squisitamente esterno, qual ella, pur, non avrebbe potuto allor vantare, nell’essersi sorprendentemente ritrovata coinvolta, proprio malgrado, nella questione, in conseguenza al proprio coinvolgimento nell’affare Kipons. Un tempo, quello che l’avvocatessa ebbe a chiedere qual proprio, che venne pazientemente rispettato dalla sua controparte, la quale non mancò di ricambiarle immediatamente, in tal modo, il favore appena concessole, nel garantirle quiete utile a riservarsi l’opportunità di quel monologo e, in esso, a non dilungarsi eccessivamente in una narrazione che, se interrotta periodicamente da domande e richieste di chiarimenti, forse sarebbe durata addirittura sino al giorno successivo.
Quando, pertanto, dopo quegli altri dieci minuti Ja’Nihr ebbe metaforicamente digerito quella deposizione spontanea, qual a tutti gli effetti avrebbe potuto considerarsi quella della propria cliente; ella si concesse un lungo sospiro, aggrottando la fronte e sbarrando appena gli occhi, a palesare un certo affaticamento per tutto quello…

« Accidenti. » osservò subito dopo, in direzione della controparte « Non sei una che ama le cose semplici… non è vero? » sorrise, cercando di ironizzare nel merito di quanto appena udito, a stemperare quelli che, altrimenti, avrebbero potuto scadere facilmente in toni eccessivamente drammatici.
« Naaaa… » escluse l’investigatrice privata, scuotendo il capo, nel dare corda a quel tentativo di giuoco, scuotendo appena il capo « Dopo un po’ finisco con il trovarle noiose… » si giustificò, in quella che avrebbe potuto essere considerata semplice battuta ma che, in effetti, non avrebbe avuto a dover essere riconosciuta qual completamente tale, trattandosi di lei.
« Che dire…? » esitò Ja’Nihr, tentando di trovare le parole più opportune a commentare la situazione presentatale « “Wow…” potrebbe essere sufficiente?! » cercò conferma, nel timore che, comunque, anche una simile espressione di stupore non avrebbe potuto essere considerata adeguata al contesto.
« Non esagerare. » scosse il capo l’altra, in ciò cercando di minimizzare la faccenda, nel non volerla considerare più importante di quanto non avrebbe avuto a doversi riconoscere.

In verità, trattandosi di Desmair Von Kah, ex-capo della criminalità organizzata di tutta la città di New York, e trattandosi di una questione nella quale stava venendo coinvolta non soltanto la polizia locale, quant’anche un’agenzia federale, e un’agenzia federale come il Bureau, difficile sarebbe stato poter considerare tutto quello qual qualcosa di poco importante, di poco significativo. All’attenzione della donna dagli occhi color ghiaccio, tuttavia, tutto quello, ancora una volta, avrebbe avuto a doversi considerare più prossima a una faccenda personale, a una questione fra moglie e marito, anzi, ex-moglie ed ex-marito, allorché a una questione di pubblica sicurezza, di ordine pubblico: perché, per quanto difficile sarebbe stato per lei ignorare il ruolo di Desmair all’interno dell’ecosistema criminale della città, altrettanto difficile sarebbe stato ignorare il ruolo dello stesso Desmair all’interno della sua vita, in quel senso di tradimento, di umiliazione, di sconfitta che a lui era legato e che, dopo tre anni, non avrebbe avuto a doversi minimamente considerare stemperato nel proprio bruciante dolore, complice, sicuramente, il fatto che, quegli ultimi tre anni, per lei, fossero stati trascorsi in un personalissimo e autoimposto concetto di Purgatorio, utile, teoricamente, a espiare le proprie colpe e a ritrovare pace con se stessa e con il mondo attorno a lei.
Il “Wow…” suggerito da parte di Ja’Nihr, in ciò, non avrebbe avuto a poter essere banalizzato qual mera esagerazione: al contrario, esagerato, e in senso opposto, sarebbe stato l’impegno dell’ex-detective a voler far finta che, al di là di ogni possibile considerazione, quella avesse a doversi considerare una consueta giornata di lavoro.

« Sorvoliamo… » replicò l’avvocatessa, non volendo scadere in una discussione di merito, con lei, e, ciò non di meno, neppur desiderando offrirle semplicemente ragione, forse iniziando a intuire, anche lei, il carattere della propria interlocutrice e la sua tendenza, del resto già confessata, a voler minimizzare il rischio intrinseco nelle situazioni, soprattutto laddove tali situazioni l’avrebbero potuta riguardare.
« Sorvoliamo. » annuì l’altra, apprezzando l’eleganza di quel disimpegno, utile a raggiungere un giusto compromesso fra loro, senza, in ciò, necessariamente decretare la ragione dell’una piuttosto che dell’altra.
« Tuttavia, pur ringraziandoti per aver voluto condividere con me tutto questo, una cosa ancora non mi è proprio chiara… » riprese e continuò la prima, nella necessità, giunte a quel punto, di far emergere una questione tutt’altro che sciocca, benché tale avrebbe anche potuto risuonare « … perché hai voluto raccontarmi tutto questo? » le domandò, sorridendole serenamente « O, forse ripetendomi, che cosa posso fare per te…? A parte consigliarti di lasciare la città, beninteso… »

Senza ulteriori esitazioni, nell’aver ben chiare in mente le ragioni che lì l’avevano sospinta laddove quella visita non avrebbe potuto essere fraintesa qual improvvisata da parte dell’investigatrice privata, Midda esplicitò alla propria desiderata complice tutto il proprio piano, la propria strategia per così come elaborata nel corso di quella lunga notte e, alfine, condivise con lei una serie di puntuali richieste delle quali avrebbe avuto a doversi far carico.
Solo sull’ultima di queste richieste, ella ebbe a esitare un istante, avendo ben chiara l’esigenza di non poter trascurare l’eventualità a essa sottintesa e, ciò non di meno, provando una certa ritrosia nel formulare, ad alta voce, quell’ipotesi, nel temere, forse scaramanticamente, che, parlandone, la cosa sarebbe potuta divenire un po’ più vera…

« Infine… » si convinse a concludere, estraendo da sotto la propria giacca quattro buste chiuse, ognuna delle quali regolarmente compilata nel proprio possibile destinatario « … nel caso in cui qualcosa andasse male, ho necessità che tu possa consegnare queste lettere. »
« Midda… » esitò l’altra, ben intuendo il significato di quel gesto e non avendo in ciò possibilità di scherzarci sopra, di cercare una qualsivoglia ipotesi di ironia, dal momento che difficile sarebbe stato riuscire a tradurre in gioco anche la morte.

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