11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 8 giugno 2017

RM 158


Conclusa la colazione, e decisasi, in questa occasione, a lavare la tazza prima di riporla esattamente là dove l’aveva trovata e dove, in tal modo era certa, l’avrebbe ritrovata anche il mattino seguente, ella iniziò a studiare la strategia per il nuovo giorno. E se, da un lato, il caso Anloch non avrebbe potuto ovviare che pretendere da lei una giusta quota di tempo, la ricerca di una possibile amante della giovane non avrebbe avuto a doversi considerare propriamente entusiasmante per iniziare la giornata; senza contare quanto, inoltre, sul caso federale ella avrebbe potuto riconoscersi ancora bruscamente arenata, ragione per la quale, alla fine, decise di iniziare proprio da tale, secondo, fronte. Accantonando, tuttavia ed estemporaneamente, l’ipotesi di una qualche occasione di contatto con il signor Kipons, almeno fino a quando ella non avrebbe potuto vantare sufficiente confidenza con quanto stava accadendo per essere, se non certa, quantomeno speranzosa di non ritornare a Brooklyn per nulla; quanto le sarebbe allor rimasto avrebbe avuto a ricondursi a un solo nome: Ja’Nihr Noam’Il.

Secondo le informazioni che ella era riuscita a raccogliere a tal riguardo, ms. Noam’Il avrebbe avuto a doversi catalogare qual esponente di una categoria professionale che, sin dai tempi della sua vita da poliziotta, ella non aveva avuto mai piacere a frequentare e che, seppure nella sua vita da investigatrice privata sovente rappresentassero un’ottima fonte di reddito, ancora ella mal tollerava, avendo certamente più piacere all’idea di ritrovarsi a confronto con ladri e tagliagole che innanzi a coloro i quali, dello scagionare ladri e tagliagole avevano fatto la propria professione di vita: avvocati. Odiare avrebbe avuto, probabilmente, a doversi considerare una scelta lessicale eccessiva, ma, francamente, ella odiava gli avvocati: pur non potendo escludere l’importanza del loro lavoro, all’interno del complesso sistema giuridico statunitense, pur non potendo escludere la realtà dei fatti di quanti bravi avvocati compissero quotidianamente il proprio lavoro per il bene comune, aiutando a discernere i colpevoli dagli innocenti, ella non avrebbe potuto egualmente ignorare la verità di quanti viscidi, melliflui, avidi e corrotti avvocati esistessero all’interno del sistema, generalmente preposti a difendere, e a scagionare, coloro i quali tutt’altro che innocenti avrebbero avuto a potersi considerare e il cui reddito annuo, legale o no, ciò non di meno, avrebbe allor garantito loro una sgradevole imparzialità dell’applicazione della legge, a dispetto dell’ideale di giustizia cieca e imparziale.
Volendo riconoscere a ciascuno il suo, e per quanto al suo ex-marito non avrebbe voluto concedere altro che qualche ergastolo, e solo perché nello stato di New York la pena capitale era stata sospesa sin dal 2004, ella non avrebbe potuto ovviare a constatare la verità di quanto, fortunatamente, il suo divorzio si fosse svolto nella maniera più rapida e indolore possibile, senza ricorrere ad avvocati, a giudici e quant’altro, laddove, in caso contrario, avvocati e giudici e quant’altro sarebbero sì occorsi, ma per esprimersi nel merito di un’accusa di omicidio premeditato da parte sua, giacché, francamente, difficile sarebbe stato per lei riuscire a risparmiare a Desmair un colpo di pistola esattamente al centro della fronte.
In ciò, quindi, il fatto che ms. Noam’Il fosse un avvocato non avrebbe potuto esattamente rallegrarle la giornata o, ancor più, semplificarle il lavoro: al contrario. Il fatto che ella fosse un avvocato, nel era certa, avrebbe finito con il complicarlo terribilmente, giacché, per deformazione professionale, gli avvocati non avrebbero avuto a doversi giudicare qual le persone più disponibili a parlare, ad aprirsi, a confidare i propri più torbidi e oscuri segreti, a differenza di quanto, al contrario, erano soliti pretendere dai propri clienti.
Poi, per carità… ben lieta di sbagliarsi, nel caso in cui, altresì, ms. Noam’Il si fosse rivelata essere un ben diverso tipo di donna, e di avvocato, interessata non tanto al guadagno, ai soldi, e ai soldi facili nella difesa dei più ricchi scarti della società, quanto e piuttosto uno di quei pur ammirevoli esempi di integrità umana volto a difendere soltanto innocenti, alla Perry Mason, e, magari, a difendere i poveracci altresì privi di qualunque speranza, magari e addirittura a titolo gratuito…

« … certo: e poi un ippopotamo e un coccodrillo entrano in scena ballando insieme la Danza delle Ore… » sospirò, decisamente incredula a tal riguardo.

Scuotendo il capo con aria desolata, Midda riprese in mano il taccuino con gli appunti relativi al soggetto in questione e lasciò il proprio appartamento giusto in tempo per incrociare una delle ragazze, che abitavano nell’interno accanto al suo, rientrare al termine del proprio orario di lavoro.
Kelly, questo il nome della giovane, o, per lo meno, il nome con il quale ella si era presentata un paio di mesi prima, appariva stanca, appoggiata allo stipite della porta per reggersi in piedi nel mentre in cui, con fatica, litigava con la vecchia serratura della stessa cercando di rientrare a casa propria. Nella mancina, ciondolante dietro la schiena, reggeva le proprie vertiginose scarpe, gioiosamente levate, dopo che per un’intera notte dovevano averle brutalizzato piedi, gambe e schiena: purtroppo, in un lavoro come il suo, un certo genere di abbigliamento era considerato sostanzialmente d’obbligo, quasi fosse una vera e propria uniforme e, in questo, ella non avrebbe potuto ovviare a indossare quegli assurdi trampoli da circo, salvo, ovviamente, levarseli appena possibile, preferendo piuttosto camminare scalza che permettere a tali arnesi di tortura di infierire ulteriormente su di lei.

« Buongiorno ms. B… » salutò la giovane, dimostrando, complice quella percettibile, profonda stanchezza, tale da farla apparire incredibilmente debole e indifesa, molto meno dei suoi ventidue anni.
« Ciao Kelly… e, per carità, dammi del tu o mi farai sentire ancora più vecchia di quanto già la nostra differenza di età non mi imponga occasione di sentirmi… » replicò l’investigatrice, storcendo le labbra verso il basso e scuotendo il capo, non potendo ovviare a ricalcolare, in ogni loro occasione d’incontro, i tredici anni che le separavano e che, in pratica, avrebbero potuto renderla quasi sua figlia… una consapevolezza deprimente per la propria autostima, giacché, pur non vergognandosi della propria età, ella non avrebbe potuto ovviare a provare un po’ di nostalgia per quella giovinezza ogni giorno più lontana « Sarò retorica… ma sembri stanca. » osservò poi, chiudendo la porta di casa alle proprie spalle.
« Sono stravolta… » confermò l’altra, sospirando « … ma il lavoro è lavoro. » soggiunse poi, quasi a voler escludere l’eventualità di una qualche lamentela a tal riguardo, nel giudicare la sua professione, giustamente e orgogliosamente, non dissimile da quella di chiunque altro « E non credo che facendo la commessa in un supermercato, o un qualunque altro impiego, sarei meno stanca. » puntualizzò, a ulteriore chiarificazione di tal concetto.
« Assolutamente… » annuì Midda, senza condiscendenza, quanto e piuttosto sinceramente convinta di ciò, così come della necessità di non negare dignità a quella giovane « Il lavoro è lavoro. »

Cogliendola, tuttavia, veramente in difficoltà con la serratura, dopo aver chiuso la porta di casa dietro di sé, l’investigatrice si avvicinò a lei e, con delicatezza, pose la propria destra sulla sua, a chiedere quietamente la chiave, senza una parola, senza una qualche frase volta ad argomentare le proprie ragioni, quanto, e piuttosto, affidando alle proprie azioni il compito di spiegarsi autonomamente, senza bisogno di enfatizzare inutilmente il banale aiuto lì concessole.
E Kelly, senza volontà o energie per opporsi a quell’iniziativa, allor riconosciuta qual non volta a minimizzare la sua autodeterminazione, quanto e piuttosto, semplicemente, a concederle misericordioso aiuto in una situazione nella quale, francamente, avrebbe potuto essere facilmente derisa da chiunque, tanto per le sue scelte di vita, tanto per la stanchezza che lì stava dimostrando. Fortunatamente per lei, però, Midda non avrebbe avuto a dover essere considerata quel genere di persona e, fino a quando i loro rapporti si fossero mantenuti sereni come erano stati in quelle settimane, la giovane ne era certa, non avrebbe avuto ragione di timore nei suoi riguardi.

« Grazie… » sussurrò all’aprirsi della porta, non negandole, per educazione e per sincera riconoscenza, quella semplice parola.

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