11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 29 maggio 2017

RM 148


Risolta rapidamente la parentesi con Seem, che non venne consegnato alla polizia ma al quale fu vivamente raccomandare di sforzarsi di rigare dritto, o di tentare di farlo, almeno per un po’, Midda tornò alla propria postazione di lavoro, di fronte alla statua di Balto, per iniziare, non senza una certa curiosità, la lettura del fascicolo smeraldo, contenente i dettagli dell’incarico a lei destinato da parte del Bureau.

« Spero che stiano scherzando… » osservò, storcendo le labbra nell’osservare la prima pagina stampata, per poi iniziare a sfogliare, rapidamente, i fogli successivi, a verificare un terrificante sospetto, giustificato da quanto purtroppo presentatole innanzi allo sguardo « … e, anche come scherzo, non lo potrei ritenere particolarmente divertente. »

E se le sue labbra ebbero allora a dover trattenere di prepotenza un’incredibilmente spontanea, e sinceramente sentita, sequenza di imprecazioni che avrebbero coinvolto un numero considerevole di santi estratti a sorte dal calendario; quanto i suoi occhi ebbero ad ammirare, alimentando quell’esigenza di irrispettoso sfogo, fu una serie di pagine quasi completamente censurate dietro pesanti pecette nere volte a escludere dalla sua attenzione materiale informativo per conoscere il quale, chiaramente, non era stata considerata sufficientemente autorizzata da parte di chi, ciò non di meno, l’aveva assunta, e ampiamente pagata, per svolgere il proprio lavoro: non qualche parola, qualche nome, di persona o di luogo, oscurato di tanto in tanto, quanto e piuttosto l’esatto opposto… nel concedere a qualche parola, a qualche nome, di persona e di luogo, di tanto in tanto, di emergere timidamente da una selva di oscure strisce uniformi.

« … federali… » commentò, con voce che non tentò neppur fugacemente di dissimulare la sua più completa assenza di entusiasmo nei loro riguardi, nel porsi a confronto con quanto di peggio avrebbe potuto essere prodotto dall’ottusa mentalità di quei suoi clienti.

Invero, e paradossalmente, la follia dietro a tutto quello avrebbe avuto a doversi considerare estremamente razionale, laddove, al contrario, privo di senso, e di senso nel confronto con delle informazioni di un’indagine federale ancora in corso, sarebbe stato concedere troppi dettagli a una semplice civile, a una comune cittadina qual ella, allora, avrebbe avuto a dover essere comunque considerata. Ma dal momento in cui, a cercarla, ad assumerla, e a fornirle spontaneamente tutto quel materiale, avrebbero avuto a doversi considerare proprio quei due, offrendole, fra l’altro, anche un cospicuo anticipo a fondo perduto, non sarebbe stato meglio, più conveniente, più sensato, per loro, metterla anche in condizione utile a lavorare? Non per qualcosa… giusto per non spendere inutilmente i propri soldi.
Sforzandosi, allora, di non considerare del tutto privi d’ogni capacità intellettuale gli agenti del Bureau, ove, altrimenti, ogni precedentemente non troppo velata critica alla loro formazione a Quantico avrebbe avuto a dover essere non soltanto ribadita ma, addirittura, enfatizzata; ella richiuse la cartelletta color smeraldo e si concesse qualche istante di quiete, di respiri profondi e rasserenanti, al fine di ritrovare la pace interiore così estemporaneamente perduta e, in ciò, di superare ogni passato pregiudizio nei confronti dei federali, improvvisamente ritornato prepotente alla sua attenzione, a seguito di quella spiacevole sorpresa.
Solo quando fu sicura di poter tornare a volgere la propria attenzione a quelle pagine senza, in ciò, rischiar di dar di matto alla vista dell’immensità di nere pecette lì oscenamente presenti, l’investigatrice privata ebbe il coraggio di chinare lo sguardo verso il fascicolo, tornando ad aprirlo. E se pur, la prima reazione, più istintiva, più intima, fu quella di tornare a vomitare una qualche litania di volgarità all’indirizzo del Grosso e dello Smilzo, nella sua mente, in quel frangente, incarnazione dell’intera loro agenzia; ella riuscì a trovare la forza di dominare le proprie emozioni e, in questo, di concedere il beneficio del dubbio a quel materiale, il quale non avrebbe avuto ragione d’esserle fornito se, quantomeno, non le fosse potuto essere d’aiuto, anche solo per intuire a discapito di chi, ella, avrebbe avuto a dover dedicare i propri servigi professionali.

« E poi c’è chi pensa che io non abbia pazienza… » sospirò, congratulandosi implicitamente con se stessa per quanta calma stesse dimostrando a fronte di quella situazione degna di Kafka.

Fra una pecetta e la successiva, all’investigatrice privata sembrò di porsi a confronto con una rivista enigmistica, nel tentativo, estremamente audace, di riuscire a ricavare qualche pensiero di senso compiuto attraverso qualche parola sparsa, qualche verbo disordinato e giusto un paio di nomi.
Purtroppo, al di là della propria professione attuale, così come della passata, ella non aveva oggettivamente mai avuto sufficiente pazienza per provare piacere a cimentarsi con dei giochi di enigmistica, preferendo, di gran lunga, attività più fisiche, come esercitazioni al poligono di tiro, quando ancora aveva un distintivo e una pistola d’ordinanza, o come qualche sana scazzottata su un ring, così come, di tanto in tanto, non mancava ancora occasione di riservarsi, in un genere di attività utile per sfogare lo stress accumulato e, soprattutto, per scaricare un po’ di tensione muscolare: così, benché ella pose sincero impegno a cercare di ricollegare parole in libertà come “ponte”, “fondamenta”, “crisi”, “polvere”, “traffico”, “mercato”, ottenendo una dozzina di diversi scenari tutti egualmente validi ed egualmente privi di qualunque valore, nel poter essere considerati assolutamente intercambiabili; tutto ciò a cui poté volgere la propria attenzione furono gli unici due nomi propri non censurati, uno dei quali, speranzosamente, avrebbe avuto a doversi considerare l’effettivo oggetto del suo incarico. Così, con buona pace della propria gemella, e di tutte le supposizioni di luddismo dalla stessa attribuitele, Midda decise di sfruttare la più grande banca dati esistente a metà del secondo decennio del terzo millennio, per verificare quali volti avrebbero potuto essere attribuiti a quei due nomi: Google.
Dal proprio cellulare, ella ebbe quindi a cercare, senza troppa fantasia, esattamente i due nomi per come riportati all’interno del fascicolo, nella speranza di individuare addirittura una qualche connessione fra loro, attendendo pazientemente l’esito di quello straordinario oracolo, innanzi all’occhio onniveggente del quale nessuno avrebbe potuto nascondere nulla… o, più precisamente, nessuno avrebbe voluto nascondere nulla, giacché, a differenza del secolo precedente, ormai la maggior parte delle persone avevano entusiasticamente rinunciato a qualunque concetto di riservatezza in nome di qualche istante di notorietà online, attraverso social media e quant’altro.

« Figurarsi se avrei potuto essere tanto fortunata… » sbuffò, innanzi all’incredibile risposta negativa del motore di ricerca al suo primo tentativo.

Un secondo tentativo, quindi, vide il primo dei due nomi essere riportato nella propria singolarità ed essere sottoposto a un nuovo esame, allora con maggior successo. Forse anche troppo successo, negli oltre millesettecento risultati che le vennero proposti in risposta. Aggiungendo a “Ja’Nihr Noam’Il” la semplice sigla “NY”, gli oltre millesettecento risultati precedenti ebbero a ridursi a poco più di duecento, i quali, in verità, nell’esclusione di quelli palesemente inutili, avrebbero avuto a doversi riferire a un’unica persona.
E nel successo così riportato, allora anche il secondo nome venne egualmente ricercato, subito con l’indicazione geografica a meglio isolare la zona e a permettere a meno risultati di confonderle la vista. E, in tal modo, anche “Hayton Kipons” trovò la propria giusta definizione, con quasi quattrocento risultati, oltre un centinaio dei quali, in verità, riferiti tuttavia a quello che, probabilmente, avrebbe avuto a dover essere considerato l’obiettivo più interessante per i federali, almeno a un primo sguardo.

« Ci sono domande a cui non potrai avere risposta… per tutto il resto, c’è Google. » parafrasò una nota pubblicità, offrendo giusto tributo a quell’entità astratta in grazia alla quale, almeno una prima, noiosa parte del proprio lavoro, avrebbe allor potuto considerarsi già felicemente conclusa.

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