11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 16 gennaio 2017

RM 015


Nel considerare come il termosifone ebbe a sfondare la parete alle spalle della mercenaria, con uno schianto tanto violento per il quale, se già non fossero stati prima allarmati dai suoni della battaglia, tutti i condomini non avrebbero, allora, potuto ovviare a maturare consapevolezza della terrificante colluttazione lì in corso; se solo la donna guerriera non avesse dimostrato sufficiente prontezza di riflessi, e rapidità di esecuzione, utili a permetterle di gettarsi lateralmente a terra per evitare l’impatto, di lei sarebbe rimasto ben poco anche per un’eventuale autopsia, nel vederla probabilmente ridotta a una poltiglia sanguinolenta. Fortunatamente per lei, nonché per la giovane di cui, ormai in maniera difficilmente criticabile, si era eretta a protettrice, Midda Bontor, nel corso della propria lunga, e mai tranquilla, esistenza, si era ritrovata posta a confronto con la morte in così tante e variegate declinazioni diverse tali da permetterle di poter affrontare con straordinario autocontrollo anche quell’orrore che, probabilmente, di lì a poco avrebbe potuto contribuire a dissipare completamente il pur minimo barlume di sanità mentale rimasto di Maddie, allora non ancora impazzita solo e unicamente in conseguenza alla stessa concitazione degli eventi in corso, in così rapida successione da non concederle, ancora, una concreta possibilità di elaborarli.
Senza esitazione, quindi, l’indomita eroina di quella scena ebbe a rialzarsi prontamente da terra, e a tornare ad attaccare il proprio antagonista, in questo nuovo tentativo, tuttavia, riservandosi, con tanto di aperta dichiarazione verbale, di non ricorrere ulteriormente all’approccio precedente, nell’evidenza dell’inutilità intrinseca nel medesimo…

« Non avrei voluto subito mostrarti questo genere di cose… ma… » premesse, in direzione non tanto del proprio avversario, quanto della giovane donna lì spettatrice, in quella che, forse, avrebbe avuto a dover essere intesa qual una sorta di richiesta di scuse preventiva.

Prima che potesse proseguire tale argomentazione e prima che, soprattutto, la sua controparte potesse decidere di tentare l’ennesima offensiva, ella lasciò piombare, sopra la testa-bocca della creatura non il manganello stretto nella mano sinistra, quanto il proprio pugno destro. Un pugno che Maddie, al pari di chiunque altro, non avrebbe potuto attendersi contraddistinto da particolare successo, soprattutto ove posto a confronto con l’apparente indifferenza di quel mostro innanzi alle precedenti azioni della donna guerriero, e che pur, al contrario, si ritrovò caratterizzato da un effetto a dir poco devastante… e devastante in misura maggiore di quanto non avrebbe potuto essere lo stesso termosifone anche laddove precipitato su di lui dal quinto piano. Con la sola forza di quell’unico gesto, infatti, e di un gesto neppur particolarmente elegante nella propria espressione, la mercenaria schiacciò, orrendamente, il corpo del proprio avversario, quasi esso fosse costituito da gelatina, se non che, ad accompagnare quella scena già visivamente raccapricciante, fu un concerto di ossa infrante e viscere sconquassate, nonché una manifestazione di nauseabondi odori, tale per cui l’apparente maschera di impassibilità mostrata dall’attonita spettatrice sino a quel momento ebbe a crollare tutto d’un tratto, trovandola costretta, senza avere neppure il tempo di tentare di muoversi o di piegarsi in avanti, a rigurgitare l’intero, e fortunatamente minimo, contenuto del suo stesso stomaco.

« … non possiamo neppure aspettare che giunga la polizia, giacché l’hai già convocata. » concluse Midda la frase precedente, ritrovandosi, al termine di quell’azione, genuflessa innanzi un’indistinguibile massa di membra, ossa e arti, nonché, sfortunatamente, ricoperta, quasi in ogni angolo della metà anteriore del proprio corpo, dal sangue, e da altri umori interiori, del nemico ucciso.
« Dannazione! » gridò, questa volta con tono acuto e strozzato, sufficientemente trasparente d’isteria, la sua interlocutrice, osservando con occhi sgranati l’immagine presentatale innanzi allo sguardo e, subito dopo, non riuscendo a trattenere una seconda ondata di vomito, che, nuovamente, riversò innanzi a sé, quantomeno, in questa occasione, facendo propria sufficiente reattività utile a piegarsi in avanti e a evitare la punta delle proprie scarpe, pocanzi rovinosamente colpita in pieno.
« Non è un bello spettacolo… lo capisco. » commentò la donna guerriero, rialzandosi con tranquillità da terra, e roteando appena il polso destro, a verificarne la mobilità « Purtroppo, una volta infettati dal morbo cnidariano, gli ospiti sono praticamente già morti… e quello che ne resta è un cliente decisamente tenace, come hai potuto verificare. »
« … morbo… cnidariano?! » ripeté Maddie, attonita, ormai spintasi tanto oltre la propria soglia d’incredulità dal sentirsi sempre più prossima alla pazzia, se non già in essa rovinata senza ulteriori esitazioni.
« E’ una storia lunga… e ti giuro sulla dea Thyres che ti spiegherò ogni cosa e che risponderò a ogni tua domanda. » rispose l’altra, non facendo atto di avvicinarsi a lei nel non desiderar apparire aggressiva nei suoi confronti, nel comprendere, e, umanamente, giustificare le emozioni che potevano star colmano la mente e il cuore della propria versione alternativa, sua fortuna o suo malgrado cresciuta in un mondo decisamente più tranquillo rispetto al proprio e, per questo, più confidente con minacce di ordine sociale, rispetto a pericoli di natura fisica « Ora, tuttavia, credo che sia il caso che tu e io ci allontaniamo di qui… prima che possa giungere la polizia a farti domande alle quali non potresti rispondere e, peggio ancora, prima che possa giungere qualche altro sgherro di Anmel a pretendere le nostre teste. »

Solo poche ore prima, Madailéin Mont-d'Orb credeva che la propria vita potesse essere uno schifo in conseguenza all’insoddisfazione maturata entro i confini del proprio posto di lavoro: a confronto con colleghi che, da tempo, aveva smesso di stimare e che mai, non di meno, l’avevano stimata; con superiori che non sembravano in grado di vedere in lei null’altro che una piacevole distrazione visiva, riconoscendole forse persino minore dignità rispetto a quella che avrebbe potuto vantare un calendario erotico sulla parete di qualche officina; e con una professione che, per quanto obiettivamente un tempo l’appassionasse, ormai sembrava aver perso ogni senso di sfida, complice la mancanza di quella naturale crescita che, ad altri, soprattutto uomini, non era mai stata negata. Improvvisamente, nel tempo proprio di uno… forse due battiti di ciglia, tutto quello che ella poteva aver mai creduto di conoscere, di capire, di saper gestire, della propria esistenza quotidiana, era stato violentemente spazzato via, dischiudendo davanti a lei i confini di un territorio del tutto estraneo, e, almeno per il momento, semplicemente terrificante.
Ciò non di meno, in quel momento, e come non avrebbe mancato di sottolineare anche la sua terapista, ammesso che non fosse morta prima di paura per quanto occorso, davanti a lei non esistevano particolari sfumature di grigio, non esistevano molteplici possibilità alternative, giacché, a dispetto di quanto, chiunque, abitualmente si illude di poter credere, alla base dell’esistenza terrena, materiale, concreta di tutti i giorni, avrebbe avuto a dover essere considerata un’elementare logica binaria: fare, o non fare. Ella, in quel momento, avrebbe potuto accettare di seguire Midda là dove ella l’avrebbe condotta, ascoltare le spiegazioni che lei avrebbe potuto offrirle, e accogliere da lei quanto avrebbe potuto concederle, nel dichiarato obiettivo di salvarle la vita. Oppure, al contrario, avrebbe potuto restare lì ferma, ad aspettare che gli eventi proseguissero di propria iniziativa, con tutto quello che, nel bene, o nel male, avrebbe potuto occorrere di lì a un’altra manciata di istanti entro i confini del suo appartamento parzialmente distrutto… e di un appartamento entro il quale, probabilmente, non avrebbe più voluto tornare a vivere, non dopo quanto lì appena occorso.
Fare. O non fare. Una scelta apparentemente semplice… eppure, potenzialmente, radicale per il suo presente e, ancor più, per il suo avvenire. Una scelta che ella doveva lì affrettarsi a compiere, senza ulteriori elucubrazioni, senza possibilità di rimorsi o di rimpianti. Una scelta che, sinceramente, non avrebbe mai augurato ad alcuno; neppure a tutte le persone che, fino a poche ore prima avevano affollato la sua personale lista di antipatie, qualcosa che, in quel nuovo frangente, era divenuto così straordinariamente ridicolo e infantile.
Una scelta che, alfine, compì.

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