11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 8 agosto 2013

2026


Leas Tresand, in tutto quanto accaduto in quelle ultime ore, non si era mai schierato in aperto contrasto ai propri ideali, al proprio stesso spirito. Al contrario, egli aveva cercato, come sempre nel corso della propria esistenza, di essere il più possibile coerente con sé stesso e con quanto aveva definito per lui avere un qualche valore, una qualche importanza, riconoscendo in ciò, al primo posto, la famiglia… la propria famiglia e il suo benessere. Ed egli, in quanto aveva compiuto, non aveva mai tradito la propria famiglia, non aveva mai tradito sua madre, la donna che gli aveva offerto vita e che lo aveva cresciuto, consolandolo quando aveva pianto, rassicurandolo quando aveva avuto paura, sorreggendolo quando era stato debole e aveva temuto di non farcela. Se Leas aveva avuto occasione di divenire l’uomo che era, ciò era accaduto anche e soprattutto per merito di quella donna straordinaria, una donna alla quale mai avrebbe potuto voltare le spalle, una donna che mai avrebbe potuto tradire o abbandonare, non nel momento della propria massima gloria, non in quello della più devastante sconfitta.
Leas Tresand non aveva mai conosciuto proprio padre. Aveva conosciuto il padre delle proprie sorelle minori, un uomo che, nei limiti del particolare contesto in cui era nato e cresciuto, lo aveva anche trattato con sufficiente gentilezza, e persino con rispetto, nel confrontarsi con lui sempre come con un uomo, anche quand’ancora era un bambino. Ma quel padre adottivo, o presunto tale, non era mai stato avvertito realmente qual un padre. E quando egli era morto, non aveva avuto lacrime da versare per simile tragedia. Al contrario, egli aveva sempre conosciuto propria madre. E da sempre l’aveva amata e idolatrata, per così come ella era, per quello che sempre ella era stata. Agli occhi del figlio della regina di Rogautt, che la madre fosse riconosciuta qual riferimento per i peggiori tagliagole dei mari del sud, quegli uomini e quelle donne dei quali ogni canzone riferiva essere i malvagi, gli antagonisti della situazione, avrebbe dovuto essere considerato pressoché ininfluente. Anzi. A dispetto di ogni stereotipo, e a dispetto persino della crudeltà che pur, intrinseca, si celava nel cuore di quella donna in conseguenza al tradimento subito; egli, suo figlio, era sempre stato capace di vedere oltre le apparenze, e di spingersi, in ciò, a godere di quell’animo comunque luminoso, comunque straordinario, qual soltanto ella avrebbe dovuto possedere per edificare il regno a cui aveva dato vita, senza che, in esso, vi fossero omicidi e stupri a ogni angolo.
In fondo, addirittura, in quel di Rogautt, per merito della carismatica influenza di Nissa Bontor, si era da sempre vissuti persino meglio che in quel di Kriarya, città del peccato di Kofreya, ove la violenza, spesso gratuita e ingiustificata, era altresì di casa. Ciò, ovviamente non considerando il massacro che era stato compiuto nel giorno in cui proprio quella tranquilla isola era stata scelta quale capitale per il regno che ella stava andando a edificare; scelta in conseguenza alla quale tutti i pacifici pescatori e artigiani lì aventi dimora erano stati uccisi, quasi capi di bestiame condotti al macello. Ma tali eventi albergavano in un passato troppo lontano, di cui Leas non aveva, né avrebbe potuto avere, memoria alcuna. Ragione per la quale, ai suoi occhi, sua madre era a tutti gli effetti una regina saggia e illuminata, in grado di provvedere al benessere del proprio popolo nella stessa misura in cui si era da sempre dimostrata capace di provvedere al benessere della propria famiglia.
Così, pur figlio dell’inganno e cresciuto con la convinzione, addirittura, d’essere figlio d’una violenza, di uno stupro ordito da proprio padre e dalla sua compagna d’allora, sua zia Midda, a discapito della propria adorata genitrice; divenuto uomo sotto lo sguardo vigile e premuroso di una tanto straordinaria madre, Leas Tresand non avrebbe potuto evitare di adorare la propria figura materna ancor più di quanto, comunque, un qualunque figlio avrebbe mai potuto adorare colei che gli aveva dato la vita e lo aveva nutrito e accudito. E, in ciò, non avrebbe mai potuto neppure prendere in esame l’idea di potersi spingere a tradirla, a tradirne la fiducia e tutto l’amore che in lui aveva posto.
A partire da simile presupposto, quanto Leas Tresand scelse di compiere in quel particolare frangente, avrebbe potuto essere facilmente frainteso nel confronto con un’analisi superficiale, con un qualche giudizio affrettato. Ed egli, per quanto pose in essere, e per come agì, avrebbe potuto essere troppo facilmente condannato qual traditore, a discapito di ogni proprio principio e a discapito della propria famiglia.
Ciò nonostante, riservandosi un solo istante in più per cercare di comprendere quanto stesse avvenendo, e, in ciò, non partendo dal falso presupposto che, per quel giovane uomo, i propri valori potessero essere tanto facilmente posti in vendita, abiurati in conseguenza alla convenienza del momento; sarebbe potuta essere facilmente maturata la consapevolezza di quanto egli non solo era rimasto fedele a se stesso, e aveva agito con sincerità d’intenti, in quell’ultima occasione, ma anche in ogni giorno di quelle ultime settimane, sin da quando, a suo dire, aveva permesso a sua zia di catturarlo, di trarlo prigioniero e di interrogarlo. O, quantomeno, di spendere qualche ora in tal tentativo.
Perché egli, che pur adorava sua madre e non avrebbe mai potuto ordire a suo discapito, non avrebbe mai potuto augurarle altro che una vita prospera e interminabile, non era, malgrado tutto, uno stupido. E nel proprio non essere uno stupido, non avrebbe potuto evitare di comprendere quanto, da oltre due anni, sua madre non fosse più la stessa donna che lo aveva amato e cresciuto, corrotta e cambiata da qualcosa che, anche al suo sguardo, non avrebbe potuto che essere considerato oscuro e malefico. E più il tempo scorreva, più la madre che egli amava si smarriva, si perdeva in un folle delirio di blasfema onnipotenza, qual quello che la vedeva parlare di sé al plurale, evocando mostri e zombie, e riferendosi all’uomo che aveva conosciuto come il compagno di propria zia come fosse suoi figlio. Un altro figlio diverso da lui. Un figlio odiato e rinnegato, che avrebbe preferito abortire ancor prima di porre al mondo.
Così, quando giunse il momento di scegliere, egli non ebbe dubbi e non temette di tradire se stesso e la propria famiglia. Al contrario. Agì, ancora una volta, come sempre aveva agito, nel solo intento di proteggere la propria famiglia.
Leas Tresand non ebbe dubbi, così come non li aveva avuti nel momento in cui aveva scelto di partire alla ricerca di quella zia appena intravista più di un anno prima, per potersi confrontare con lei, e comprendere con chi, effettivamente, avrebbe avuto a che fare.
Leas Tresand non ebbe dubbi, così come non li aveva avuti nel momento in cui aveva scelto di allearsi con Midda Bontor e con i suoi compagni e le sue compagne a bordo della Jol’Ange, la nave appartenuta a suo padre, condividendo quell’ultimo tratto di mare quasi fossero una sola, grande famiglia.
Leas Tresand non ebbe dubbi, così come non li aveva avuti nel momento in cui aveva accettato di prendere parte al piano di sua zia, per quanto folle e rischioso, compiendo, in ubbidienza a lei, offrendole tutta la propria fiducia, quanto sarebbe stato necessario per farla giungere, prigioniera e pur viva, nel cuore dell’isola di Rogautt, al quale, altrimenti, mai avrebbe potuto realmente sperare di giungere. Non viva, quantomeno.
Leas Tresand non ebbe dubbi, così come non li aveva avuti in quelle ultime ore, quando, sempre in ascolto alle parole di sua zia, aveva evitato di lasciarsi coinvolgere nel conflitto, proteggendo le proprie sorelle e custodendo, per la sua stessa parente, la spada bastarda che le aveva sequestrato, e che pur aveva sempre prestato attenzione a lasciarle in prossimità, in modo tale che, se solo ve ne fosse stata l’occorrenza, ella l’avrebbe potuta nuovamente richiedere a sé, l’avrebbe potuta nuovamente ottenere.
Leas Tresand non ebbe dubbi, così come non li aveva avuti neppure quando, pronto a gettare quella straordinaria lama in soccorso a sua zia, era stato fermato da un fuggevole sguardo di lei, un’occhiata effimera e pur carica di un messaggio indubbiamente chiaro e perentorio, che lo aveva invitato ad attendere, e attendere ancora il momento più opportuno.
E dovendo agire negli interessi della propria famiglia, e nel rispetto dell’amore che da sempre lo aveva unito a propria madre, egli non ebbe dubbi…
… non ebbe dubbi e si scagliò in avanti, colmando l’aria con un forte grido e levando la spada bastarda di colei nella quale sperava di poter trovare, un giorno, una nuova figura materna, per dirigerla a discapito di quella folle donna che, ormai, non riusciva a riconoscere più qual propria genitrice. Quella folle donna che, se solo non fosse stata fermata, avrebbe definitivamente ucciso la sola che mai avrebbe potuto arrestarne l’empia ascesa verso il dominio del mondo conosciuto.

« Perdonami… mamma! »


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