11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 5 agosto 2013

2023


Erano stati necessari quasi trent’anni. Trent’anni passati dalla notte in cui, una bambina non ancora fanciulla, aveva tradito la fiducia e l’affetto di un’altra bambina non ancora fanciulla, sua sorella e gemella. Trent’anni passati dalla notte in cui quella fine aveva avuto inizio, nel porre le basi per quello scontro così a lungo posticipato, per tanto tempo rimandato. Una sfida, una battaglia, che molti altri avevano combattuto, indirettamente e più o meno volontariamente, in loro vece in quegli ultimi trent’anni e che, allora, non avrebbe più loro concesso alcuna possibilità di temporeggiamento, non avrebbe più loro concesso alcuna possibilità di posticipare l’ineluttabile.
Perché per quanto tragica e dolorosa avesse a doversi considerare quella loro faida, e la conclusione a cui, inesorabilmente, avrebbe condotto, nella morte di almeno una fra loro; anche la loro storia avrebbe dovuto raggiungere una conclusione. E quello, purtroppo per entrambe, avrebbe dovuto essere considerato il momento utile, l’occasione giusta per porre, in maniera definitiva, la parola fine a trenta lunghi anni di guerra fra loro. Una guerra il prezzo della quale, presto, avrebbero dovuto rendere conto innanzi agli dei tutti, e che, ciò non di meno, era stato sino ad allora pagato da tante, troppe persone. Su entrambi i fronti.
Erano stati necessari quasi trent’anni. E ciò non di meno, alla fine, nel centro della piccola isola di Rogautt, un tempo patria di pacifiche famiglie di pescatori, allora divenuta capitale e fulcro di un intero regno eretto sulla violenza e sul sangue, Midda e Nissa Bontor, sorelle e gemelle, erano alfine giunte al loro confronto definitivo, a una sfida, alfine, priva di qualunque sotterfugio, priva di qualunque inganno, e, soprattutto, priva di qualunque speranza di futuro. Perché se già, fugacemente, le loro armi avevano avuto trascorsa occasione di incrociarsi, in quel momento, in quel frangente, non soltanto loro, ma l’intero Creato attorno a loro, era consapevole di quanto, a seguito di quel combattimento, non vi sarebbe più stata altra occasione di sfida, altra possibilità di proseguo per la loro comune e tanto drammatica vicenda.
Midda Bontor, Figlia di Marr’Mahew, Campionessa di Kriarya, Ucciditrice di Dei, ne era consapevole. Ne era stata consapevole sin dal momento in cui la Jol’Ange era salpata da Tranith per intraprendere il lungo viaggio che l’aveva condotta sino a lì, deviando di non poco in direzione di Licsia, sua terra natia, quell’isola alla quale non aveva più osato fare ritorno dall’inizio di quegli eventi e nella quale, ciò non di meno, aveva avuto occasione di ritrovare un padre temuto qual perso e, con esso, una possibilità di riconciliazione con una famiglia creduta irrimediabilmente a lei avversa. Ne era stata consapevole, in verità, ancor da prima, e sin dal momento in cui la Portatrice di Luce, l’y’shalfica fenice, qual nella sua mente si ostinava a chiamarla a dispetto della sua infinita essenza che ad alcuna nazione avrebbe mai potuto vederla associata, l’aveva reclutata per quella missione, chiedendole di voler concludere ciò a cui ella aveva dato inconsapevolmente inizio nel giorno in cui aveva restituito libertà alla regina Anmel Mal Toise e, con lei, all’Oscura Mietitrice, poetica, e purtroppo anche pratica, metafora di ciò a cui, con non maggiore coscienza, aveva dato origine nell’abbandonare la propria gemella, a cui tali, terribili figure avevo avuto modo di ricongiungersi, rendendo praticamente ineluttabile quel confronto, quella sfida, che ormai aveva trasceso i limiti di una faida famigliare per divenire, terribilmente, un evento focale per il destino non soltanto di quell’angolo di Creato ma, ancor peggio, dell’intero mondo conosciuto.
Nissa Bontor, sovrana di Rogautt, signora dei pirati dei mari del sud, incarnazione della regina Anmel Mal Toise e dell’Oscura Mietitrice, ne era consapevole. Ne era stata consapevole sin dal momento in cui tutte le forze di cui entrambe avrebbero potuto offrir vanto si erano schierate in campo, in una battaglia che, in ciò, non avrebbe mai potuto negarsi un sapore tragicamente epico, degno di molte canzoni udite quando entrambe erano ancora bambine, e che, sebbene non l’avessero mai trovata particolarmente interessata, avevano sempre entusiasmato la propria gemella, ritrovandola in tal sentimento coinvolta unicamente per l’amore che a lei la legava. Un amore straordinario, un amore puro e illimitato, come solo avrebbe saputo essere quello di un bambino, che si era tramutato, per effetto di quel tradimento, di quel lontano e mai dimenticato triplice spergiuro, in un odio altrettanto straordinario, altrettanto puro e illimitato, a soddisfare il quale tutta la sua intera esistenza era stata votata, spingendola a compiere azioni per le quali avrebbe probabilmente dovuto provare disgusto, e che pur, alfine, le avevano concesso la possibilità di ottenere vendetta, rovinando la vita della propria gemella nella stessa misura in cui ella era stata in grado di rovinare la sua, spingendola in maniera tanto innocente, quanto crudele, in quell’abisso senza fine, in quelle tenebre dalle quali, proprio malgrado, non avrebbe mai potuto sperare di riemergere e in nome delle quali, ormai, era pronta a distruggere, ove necessario, l’intero Creato, al solo scopo di poterlo successivamente erigere nuovamente a propria immagine e somiglianza, qual un mondo perfetto.
Al di là di ogni facile interpretazione, tuttavia, nulla in quel contesto avrebbe potuto vantare l’eco di una qualche vicenda epica di antiche battaglie, dal momento in cui, malgrado tutto, non una sola fra le due parti in causa avrebbe potuto realmente essere identificata qual vittima dell’altra. Perché laddove Nissa Bontor aveva ucciso e fatto uccidere; anche Midda Bontor aveva ucciso e fatto uccidere. Laddove Midda Bontor aveva tradito e mentito; anche Nissa Bontor aveva tradito e mentito. E, ancora, ove Nissa Bontor era pronta a mettere in giuoco il destino dell’umanità in quella sfida personale; anche Midda Bontor era pronta a mettere in giuoco il destino dell’umanità in quella sfida personale.
In ciò, in una situazione di apparente e assoluto equilibrio fra due antagoniste fra loro non soltanto identiche ma, anche, contraddistinte da identiche colpe e responsabilità, soltanto una consapevolezza avrebbe potuto offrire agli alleati della Figlia di Marr’Mahew la coscienza di essersi schierati sul fronte che, nella terrificante semplificazione che qualunque canzone avrebbe potuto produrre di quegli eventi, sarebbe stato indicato qual quello degli eroi: la certezza che, quanto compiuto in quegli ultimi trent’anni da parte di Nissa Bontor era stato solo e unicamente votato alla distruzione della propria gemella; nel mentre in cui ogni sforzo di Midda Bontor era stato solo e unicamente votato alla propria autodeterminazione, alla definizione della propria identità, in quella ricerca di uno scopo, di una ragione, che avrebbe dovuto essere propria di qualunque essere mortale.
Ma, al di là di qualunque fantasia volta a reinterpretare l’orrore di quella guerra e di quel momento, quanto allora in corso non avrebbe potuto, purtroppo, essere facilmente ricondotto alle dinamiche di una qualunque ballata o canzone. Non, quantomeno, nell’incertezza della sua conclusione, dell’epilogo a cui quegli eventi avrebbero potuto condurre.
Perché allora più che mai in passato, la vittoria di colei che era stata indicata qual progenie della dea della guerra, la vittoria di colei che era stata eletta ed acclamata qual signora e campionessa della città del peccato del regno di Kofreya, la vittoria di colei che era stata in grado, addirittura, di abbattere un dio, seppur minore; non avrebbe dovuto essere considerata così certa. Né, tantomeno, era lì considerata certa da parte della medesima, intimamente pronta a incontrare la propria prediletta dea Thyres, nella speranza, quantomeno, di non essersi sbagliata nel merito della sua esistenza.

« Così si risolve tutto, sorella?! » domandò la regina dei pirati, liberando il proprio tridente dall’ascia di lei soltanto per porre un paio di passi di distanza fra loro, prima di assumere una postura di guardia, nel non voler in alcun modo sottovalutare il pericolo da lei rappresentato « Un ultimo combattimento fra noi, per lasciare che siano le nostre azioni a definire chi fra noi abbia a considerarsi degna di sopravvivere e chi no…?! »
« Non è ciò che hai sempre voluto? Mi hai aggredita il primo giorno che sono ritornata a Licsia, desiderando sfregiarmi a mani nude… e da allora non hai mai rinunciato a questo tuo scopo, neppure quando se riuscita, effettivamente, a squarciarmi metà viso con la tua lama. » rievocò la mercenaria, non indietreggiando rispetto alla posizione lì raggiunta e, ciò non di meno, cercando di assumere una postura di guardia, per quanto nell’assenza di una seconda mano a cui offrire riferimento, maneggiare un’arma impegnativa quanto un’ascia da battaglia non avrebbe reso semplice tale scopo « Che tutto si concluda come è iniziato, quindi: tu e io… fino alla fine. »


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