11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 31 luglio 2013

2018


« Desideri davvero che sia mia premura ripeterti, ancora una volta, come questo nostro momento di confronto, durasse anche un anno intero, non ti farebbe perdere neppure un attimo di quanto là fuori sta accadendo?! » si concesse di puntualizzare il semidio, non potendo fare altro che gongolare nel confronto con la tensione del proprio interlocutore, non per una qualche ostilità nei suoi riguardi ma in mera risposta a una crudeltà di fondo insita nel suo carattere, nel suo spirito, la stessa in ascolto alla quale non si era posto remore a rapire ben novecentodieci fanciulle per obbligarle a divenire proprie mogli, prima che la novecentoundicesima, Midda Bontor, fosse riuscita a riservar qual proprio un ruolo ormai apparentemente definitivo « Siamo dentro la tua mente, Be’Sihl… letteralmente dentro la tua mente. E qui il tempo non è una costante immutabile: qui tutto è asservito ai tuoi… ai nostri, se me lo concedi, capricci. »
« In verità preferirei non poter concedertelo. » precisò l’altro, scuotendo appena il capo con assoluta franchezza, non avendo ragione di mentire e, in parte, neppure sapendo se potersi davvero permettere di mentire a chi, del resto, sito dentro la sua stessa testa « Ma, a quanto pare, sono pressoché obbligato dal fatto che tu ti sei arrogato il diritto di trasferirti dentro di me… »
« Amico mio! » esclamò con una certa sorpresa Desmair, appoggiando il calice d’oro su un tavolino accanto a sé, per avere le mani libere allo scopo di alzarsi, facendo leva sui braccioli del proprio trono, quasi a sottolineare una certa indolenza, una certa pigrizia ad agire, dopo tanto tempo trascorso a riposo « Quando in quel di Shar’Tiagh la nostra collaborazione è iniziata, permettendoti di avere salva la vita da quel gruppo di schiavisti, non eri così… come dire… scontroso?! E nel momento in cui ti offrii il mio aiuto per recuperare mia moglie dal ventre della nave ammiraglia di sua sorella, che lì la stava mantenendo prigioniera e drogata, non mi sembrasti tanto critico nei miei riguardi. » rievocò, nel mentre in cui la sua mole, reale o no che fosse, si levò dal trono su cui prima giaceva adagiata, lasciando riecheggiare nella sala un concerto di vertebre scricchiolanti « Eri sempre così bonario e pacifico… e ora guardati: sembri voler gareggiare con quel colosso d’ebano che chiamano Av’Fahr, o con il biondo Be’Wahr, per dimostrare di essere più virile e mascolino di loro nel cuore della battaglia. Che cosa ti è successo, Be’Sihl? Che siano stati questi ultimi mesi trascorsi accanto a Midda ad averti rovinato l’umore?! »

Il locandiere non apprezzò quelle parole. E, nel voler essere onesto con se stesso, non le apprezzò nel ritrovarle, proprio malgrado, quali spiacevolmente e pericolosamente vere, trasparenti del riemergere di una parte del suo animo che, francamente, sperava archiviata molto tempo addietro.
In gioventù, anche Be’Sihl aveva avuto il proprio periodo di ribellione. Figlio di un’umile famiglia di uno sperduto villaggio nella zona meridionale dell’antico regno di Shar’Tiagh, Be’Sihl era forse rimasto vittima dell’irrequietudine propria del sangue dei regni desertici centrali, retaggio di sua madre, in ascolto al quale si era spinto poco meno che fanciullo a cercare la propria strada lontano da casa, in un percorso, in effetti, dopotutto non così diverso da quello della propria amata. Ma nel mentre in cui ella aveva vissuto la propria gioventù lungo vie di mare, egli aveva speso la propria in quelle di terra, peregrinando per anni prima di arrivare all’angolo opposto del continente di Qahr, nel regno di Kofreya, e lì scegliere, in maniera indubbiamente eccentrica, di investire i propri sforzi in una locanda in quel di Kriarya, città del peccato, mantenendosi incredibilmente estraneo all’influenza di qualunque lord locale e, in tal senso, dimostrando un carisma e un’energia che, in effetti, malamente sarebbero stati in grado di sposarsi con l’immagine mite da uomo assolutamente medio nella quale egli si era proposto, per la prima volta, agli occhi di una giovane mercenaria che, di lì a quindici anni, sarebbe stato finalmente in grado di amare liberamente.
Di quegli anni perduti, degli anni che dall’angolo nord-orientale di Qahr lo avevano visto finire in quello sud-occidentale, e che gli avevano concesso l’esperienza utile a dimostrarsi in grado di maneggiare abilmente una spada benché abitualmente privo di qualunque arma al proprio fianco; egli non si era mai dimostrato particolarmente desideroso di offrire narrazione, e, nel confronto con l’immagine che era stato in grado di costruirsi, nessuno aveva mai avuto interesse a ricercar dettaglio di sorta. Ciò non di meno, Be’Sihl non desiderava tornare a essere colui che era stato in quel burrascoso periodo della propria giovinezza, all’inizio di quel lungo cammino in conclusione al quale era riuscito a divenire l’uomo che, di sé, era stato capace di far innamorare persino l’inarrivabile Midda Bontor. E il pensiero che una parte di lui, di quel lui dimenticato, stava riuscendo a riemergere, forse in conseguenza alle diverse avventure che si stava costringendo a vivere al fianco della propria amata, o forse, ancora, in conseguenza alla spiacevole e forzata coabitazione che stava affrontando con Desmair; non lo avrebbe mai potuto rallegrare. Al contrario.

« Di cosa vuoi parlarmi…? » domandò, nel tentativo di cambiare direzione al discorso in favore di argomentazioni meno tese, quantomeno dal suo personale punto di vista « Perché spero bene che tu mi abbia trascinato qui per parlarmi di qualcosa e non, semplicemente, per permettermi un momento di pausa. Vuoi forse raccontarmi qualcosa di importante da sapere su tua madre o su tutti i suoi trucchi…?! »
« Purtroppo quelli di mia madre non sono trucchi e, tanto gli zombie quanto le gargolle appartengono al suo repertorio più classico. » negò il semidio, muovendosi verso di lui con passo quieto, non lasciando trasparire alcun desiderio di fronteggiarlo, nell’ipotesi che una simile eventualità avesse a potersi contemplare qual possibile « E se né primo-fra-tre, ne gli altri suoi vicari potranno mai farci qualcosa; ogni altro mostro ella potrà mai evocare sarà altresì libero di massacrarci sino a ridurci a carne trita, non dissimile da quella dei polpettoni che, un tempo, ti divertivi a cucinare. »
« Grazie per l’avviso… ma, in effetti, avevo già sospettato qualcosa del genere. » si strinse nelle spalle Be’Sihl, non desiderando in alcun modo minimizzare il pericolo rappresentato da quelle creature e, ciò non di meno, non potendosi permettere, al pari di chiunque altro, di essere bloccato dal timore della morte che da tali esseri avrebbe potuto derivare, forse, in tal senso, più confidente con la gestione di simili problematiche rispetto a chi, come il proprio interlocutore, mai aveva avuto passata occasione di preoccuparsi per la propria incolumità « E, a differenza tua, noi umani siamo abituati a sforzarci di sopravvivere… »
« Questa te la concedo. » riconobbe Desmair, chinando appena il capo, a dimostrazione del colpo scoccato e portato a segno dalla controparte, con un’argomentazione, purtroppo, per lui priva di particolari possibilità di contrattazione « Ciò non di meno, la ragione per cui ho richiesto la tua presenza qui non ha da intendersi a scopo meramente informativo, quanto e piuttosto nella volontà di domandarti un atto di fede nei miei riguardi, così come, a oggi, non hai avuto mai ragione di compiere. » dichiarò, arrestandosi innanzi al locandiere e, lì, genuflettendosi, per potersi concedere la possibilità di rivolgere i propri occhi gialli in quelli di lui, senza, per questo, costringerlo a piegare la testa all’indietro.

Un’attenta selezione lessicale, quella da lui in tal modo compiuta, nonché una non di meno puntuale scelta di gesti da porre in essere, che non poterono evitare di lasciar crescere una certa inquietudine sul fronte di Be’Sihl, il quale, in quegli ultimi cinque anni, reali laddove percepiti molti di più, di rapporti con lui, non vi era mai stata da parte del medesimo ragione di ricorrere a un tal formalismo.
Un formalismo che, al di là di ciò e, anzi, proprio per tale ragione, non venne in alcun momento recepito qual semplicemente retorico, privo di un qualche effettivo valore; laddove, in tal caso, non sarebbe stato in alcuna misura interesse del semidio accettare di porsi al suo stesso livello, fisicamente e metaforicamente, così come non avrebbe potuto giudicare altro che umiliante, nell’essere abituato a ritenere ogni essere umano nulla di più di una creatura inferiore, semplice bestiame sostanzialmente privo di qualunque dignità.

« Ti ascolto… » lo invitò pertanto a proseguire, a spiegarsi meglio, incerto fra voler realmente conoscere, o meno, quanto avrebbe avuto da dire, e, ciò nonostante, consapevole che, presto o tardi, l’avrebbe comunque saputo, che lo desiderasse, o no « Quale assurda strategia dovrebbe richiedere, da parte mia, un atto di fede in tuo favore…?! Un atto di fede, per lo meno, più significativo di quanto già, fino a oggi, non abbia compiuto nell’accettarti quietamente dentro di me, senza confidarlo neppure alla donna che amo. »


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