11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 24 luglio 2013

2011


In ciò, quindi, non soltanto Be’Sihl si schierò in prima fila, nel proprio impegno, quasi obbligato nella coscienza del potere per lui derivante dall’intima alleanza con Desmair, al fine di arginare le implacabili offensive di primo-fra-tre; ma, accanto a lui, non vollero concedersi possibilità di tardare tutti gli altri, fosse anche e soltanto al fine di ricambiargli la cortesia e, in tutto ciò, proteggerlo dall’aggressione dei non morti nel contempo in cui lui stesso si sarebbe altresì lì sacrificato, fra le loro fauci, per tutelarli dal vicario.

« Avanti, compagni! » tuonò la voce di capitan Noal, immediatamente seguendo lo sprone di El’Abeb e, in ciò, forse persino rimproverandosi per aver indugiato quanto sufficiente a quel predone senza terra per anticiparlo e per invitare tutti i propri seguaci a non desistere, a non cedere proprio in quel momento, malgrado l’evidenza di sviluppi per loro tanto negativi, tanto avversi « Dimostriamo a questi marinai d’acqua dolce, a questi dannati pirati e ai loro cadaveri rianimati, in che modo combattono dei veri figli di Thyres! Dimostriamo loro la differenza che intercorre fra dei veri guerrieri e un’accozzaglia di codardi assassini e stupratori, quali essi sono! Per Salge Tresand, per Ja’Nihr e per Berah! » concluse, citando i nomi dei loro amici, dei loro fratelli e sorelle, periti per volontà di Nissa Bontor, i quali, mai come allora, avrebbero da loro atteso vendetta per le proprie morti, per le proprie indegne uccisioni.

Parole, quelle che Noal Kedrih volle rendere proprie, che probabilmente avrebbero dovuto essere riconosciute qual fondamentalmente superflue, soprattutto nel confronto con gli animi di coloro che, oggettivamente, avrebbero avuto solide ragioni per pretendere soddisfazione per le morti appena citate, per gli omicidi da lui, in tal modo, appena rievocati.
Parole superflue, le sue, perché nel confronto con lo spirito di Av’Fahr, fratello minore della splendida Ja’Nihr, alcun invito, alcun monologo, per quanto incalzante e altisonante, avrebbe potuto sperare di ottenere maggior successo nell’evocare da lui una qualche reazione combattiva rispetto a quanto, allora, non ne avrebbe potuto già vantare egli stesso, nel confronto con il suo stesso cuore, il suo cuore che, dieci anni prima, era stato ferito a morte nel ritrovarsi a confronto con il cadavere di colei che per lui, oltre a una sorella, era stata anche una madre, un padre, un’amica e una confidente, di colei che lo aveva cresciuto, lo aveva aiutato a diventare l’uomo che era divenuto, educandolo con valori concreti, autentici, reali, quali quelli che per tutta la vita lo avevano guidato, gli avevano offerto la possibilità di essere sempre fedele a se stesso, sempre coerente con il proprio stesso animo. Purtroppo Av’Fahr, benché avesse stretto a morte, fra le proprie mani, il corpo di uno dei traditori della Jol’Ange, benché avesse frantumato, con la propria straordinaria forza, quel suo cranio, quasi null’altro fosse che un frutto maturo, non avrebbe mai potuto definirsi realmente appagato, concretamente soddisfatto, per quanto ottenuto, per quanto in tal modo reso proprio; dal momento in cui, nonostante fossero passati dieci lunghi anni, egli non avrebbe ancora potuto ignorare quanto la reale mandante di simile crudele morte, di tanto inaccettabile assassinio, non avesse ancora avuto modo di pagare per i propri crimini, non avesse ancora avuto possibilità di soffrire per quanto compiuto. E sino a quando ciò non fosse accaduto, egli non avrebbe mai potuto ritrovare pace.
Parole inutili, quelle di Noal, perché nel confronto con lo spirito del pur giovane Ifra, nipote della conturbante Berah, alcun invito, alcun monologo, per quanto sincero e appassionato qual il suo, avrebbe potuto sperare di ottenere maggior successo nel fornirgli uno stimolo a combattere, una ragione per immergersi in quella pugna tanto in profondità da ricoprirsi, integralmente, del sangue dei propri avversari, rispetto a quanto, altresì, non ne avrebbe già potuto dimostrare egli stesso, nel confronto con il suo cuore, e il suo cuore che, ancora, non era stato in grado di accettare non soltanto la morte della sua parente, della sua amata zia, quanto e, ancor più, la sofferenza a cui questa era stata condannata negli ultimi anni della propria esistenza, sin dal giorno in cui, innanzi al suo sguardo inerme, il suo amato e amante, il suo compagno, Salge Tresand, era stato colpito a morte a tradimento. Un assassinio, quello del precedente capitano della Jol’Ange, che aveva, invero, ucciso anche la stessa Berah, privandola, nel profondo del proprio cuore, del proprio animo, della gioia di vivere, nella solitudine a cui ella stessa si era costretta dopo quanto accaduto, dopo quanto in ciò avvenuto, vedendo soltanto posticipata di qualche anno anche la morte del suo corpo e della sua mente, spenti, alfine, per diretta mano di colei nell’esecuzione dell’ordine della quale il resto di lei era morto tempo addietro. Per questo, nella speranza di poter riconoscere pace all’animo della propria parente perduta, persino il giovane Ifra, il mozzo della Jol’Ange, sarebbe stato, ed era, allora pronto a combattere e a combattere con tutte le proprie energie, e sino al proprio ultimo respiro, in quella battaglia, in quella guerra, non tanto per il desino del mondo lì egualmente posto in dubbio, quanto e ancor più per ottenere la propria vedetta, la propria ricompensa, nel momento in cui Nissa Bontor, alla fine, sarebbe spirata.
Parole vuote, ancora, quelle che l’attuale capitano della Jol’Ange aveva trovato per incalzare una presa di posizione da parte dei propri amici, dei propri fratelli e sorelle, in contrasto a Nissa Bontor, che non avrebbero potuto che risultare qual tali nel confronto non soltanto con Av’Fahr o con Ifra, ma anche con tutti gli altri, con Masva, con Camne, con il suo compagno Hui-Wen, con lui stesso e, ancora e persino, benché non fossero propriamente membri dell’equipaggio della Jol’Ange, non in senso stretto quantomeno, anche con Howe e con Be’Wahr,  tutti già creditori, nei confronti della regina di Rogautt, di sufficiente dolore, di sufficiente sofferenza, da stimolarli tutti alla lotta, e alla lotta non soltanto contro la stessa sovrana, ma ancor più contro qualunque antagonista, qualunque avversario ella avrebbe loro posto innanzi, nella volontà di salvarsi, nella volontà di preservare la propria indegna esistenza che pur, allora, non meritava ulteriormente di vivere, non meritava più occasione di gioire per la medesima, non dopo essere stata fonte di tanta morte qual ella, altresì, era stata.
Ma per quanto, la reazione che allora resero propria non soltanto Midda e Be’Sihl, ma anche El’Abeb e i suoi uomini, e ancora gli altri nove della Jol’Ange, non avrebbe potuto allora lasciar adito a dubbi, non avrebbe potuto lì permettere ad alcuno occasione di fraintendimento sul sentimento che tutti loro animava nel profondo, nella più assoluta e sincera avversione a discapito dell’autoproclamatasi sovrana, e usurpatrice, di quell’isola perduta nei mari del sud; la medesima non parve allora concedersi la benché minima ragione di incertezza o esitazione nel confronto con tutto ciò, con la condanna a lei in ciò promessa da quel vero e proprio esercito lì stanziato in sua negazione, in suo contrasto, continuando a offrirsi semplicemente serena, praticamente indifferente, a tanto preoccupante sforzo, e arrivando, addirittura, a canzonarlo, a beffeggiarlo, nel non voler riconoscere loro alcun valore, alcun merito, alcuna pur vaga possibilità di preoccupazione allora per lei ipoteticamente derivante da ciò. Un’indifferenza, la sua, che ove realmente tale, ove effettivamente sincera, non avrebbe potuto che dimostrarsi evidenza di un disinteresse a dir poco autolesionista… o, forse, trasparenza di un potere sì vasto, si sconfinato, da poterle realmente permettere di trascurare tutti loro quali meri insetti, da schiacciare al di sotto dei proprie piedi senza esitazione alcuna.

« A tal punto vi annoia la vita, o stolti seguaci di nostra sorella?! » domandò ella stessa, prendendo voce in diretta direzione di tutti loro, non di un soggetto in particolare, ma di chiunque, allora, aveva risposto all’appello di El’Abeb e a quello di Noal, rinfrancando la propria posizione, seppur soltanto psicologica, ove non fisica, al fianco della Campionessa di Kriarya, in una battaglia che alcuno avrebbe allora prematuramente giudicato qual giunta al termine « Tale è, realmente, il vostro disprezzo per il dono più grande, per la sola esistenza che gli dei vi hanno concesso di vivere su questa terra, da essere pronti a gettarla in maniera tanto sconsiderata, tanto folle, così come vi state dimostrando ora? Possibile che nulla vi possa spaventare, alla prospettiva delle infinite e terrificanti morti che qui vi sono promesse, per indurvi a gettare a terra le vostre armi e a invocare pietà, nella speranza di una fine quanto più possibile rapida e indolore?! » questionò ancora, riformulando lo stesso concetto in chiavi di lettura sempre diverse e, ciò non di meno, sempre identiche, nei propri più profondi messaggi « E sia… se è morte quanto cercate, sarà nostra premura accontentarvi! E che non si dica che noi, regina di Rogautt, non si abbia dimostrato generosità nei confronti di chi a noi la supplicava con tanta insistenza… »


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