11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 15 luglio 2013

2002


« Come… come hai fatto, lurida meretrice, vacca immonda, cagna lussuriosa e mai gravida? Come hai fatto a porre i nostri uomini contro di noi…?! » domandò Nissa, ancora rivolta verso la propria gemella prima di spostare lo sguardo verso i due traditori a lei più prossimi, il guercio e l’albina, che aveva accolto nella propria casa e nella propria vita da diverse stagioni, ormai, e che, ciò non di meno, erano stati in grado di spazzare via ogni legame, ogni vincolo fra loro, in pochi, rapidi istanti « Perché ci avete tradite…? Perché avete rinnegato la fiducia che in voi avevamo riposto, per schierarvi proprio con lei...? Cosa vi ha promesso? Cosa vi ha garantito? Oro? Ricchezze? Potere…? »
« … sì. » annuì il guercio, nel mentre in cui, mantenendo saldamente nella propria destra la spada grondante sangue con la quale aveva appena commesso quel tradimento, quella ristretta strage, mosse la mancina a estrarre qualcosa da sotto la propria casacca, per poi avvicinarla al proprio stesso viso « Molto oro e molte ricchezze… ma, soprattutto, il potere derivante dal godere di un credito, di un grosso credito, nei riguardi della Figlia di Marr’Mahew, della Campionessa di Kriarya, della leggendaria Midda Bontor. » spiegò, coprendosi per un istante il viso con la propria intera mancina, nell’applicare su di esso il qualcosa appena estratto « E scusa se è poco… »

Laddove ormai confidente avrebbe potuto vantarsi d’essere la regina di Rogautt con la stregoneria, con il potere e il potere nella propria forma più estesa, più ricca e completa, essendo ella stessa divenuta, in grazia all’empia alleanza che l’aveva legata ad Anmel e all’Oscura Mietitrice, incarnazione vivente di tutte quelle forze mistiche che erano solite terrorizzare la maggior parte dei mortali, nel sentirsi inermi innanzi a ciò; a dir poco naturale, spontaneo e ovvio, fu per lei percepire come, qualunque cosa egli avesse estratto dalla propria casacca, accostandosela al volto in termini simili a come avrebbe potuto fare con una maschera, avrebbe avuto a doversi considerare un artefatto di natura stregata, un oggetto di potere, un talismano che, nella fattispecie di quel preciso conteso, non si limitò ad aderire al volto dell’uomo, del guercio che l’aveva tradita, ma se ne impossessò con straordinaria prepotenza, con violento egoismo, negandogli ogni barlume di umanità, negandogli ogni parvenza di mortalità, per trasformarlo, al contrario, in una maschera di morte.
Perché quand’egli abbassò nuovamente la mancina, ora vuota, il suo viso non avrebbe più potuto essere ritenuto né umano, né tantomeno trasparente dell’umanità che pur avrebbe dovuto contraddistinguerlo, nel non mostrare più zigomi e labbra, fonte e sopracciglia, non un naso e neppure il solo occhio che, sino a quel momento, lo aveva caratterizzato, quanto e, più semplicemente, in maniera straordinariamente macabra, un teschio… il suo nudo teschio. Quasi non soltanto la pelle, ma anche la carne, fosse stata sottratta alla metà superiore del suo volto, dalla mandibola sino all’attaccatura dei capelli oltre la fronte, mero e inquietante osso si presentò allo sguardo della sovrana qual presente in sostituzione al volto che già stava imparando a odiare, privato del suo labbro superiore così come del suo naso e, ancora, di palpebre e pupille, nel palesare soltanto due profonde e cupe orbite vuote, attraverso le quali, malgrado tutto, ella avrebbe potuto dirsi certa che, da parte sua, non sarebbe mancata possibilità di chiaro confronto con il mondo a sé circostante in misura persino migliore rispetto alla precedente, non più limitato dalla perdita di un occhio.
Una mutazione di ordine estetico, quella che allora aveva visto coinvolto il traditore, che non parve impressionare la sua compagna né alcuno degli uomini e delle donne che, insieme a lui, si erano macchiati di quel gesto imperdonabile; ma che, al contrario, non poté evitare di suscitare una certa inquietudine in coloro che, ancora in vita, si trovarono a essere testimoni di quel cambio, a iniziare dai suoi stessi figli, Leas, con in pugno la spada di Midda, in postura difensiva, e le due gemelle, le quali reagirono tanto alla ribellione, quanto e ancor più a quell’orrido spettacolo esprimendo la propria contrarietà a ciò con urla e pianti.

« Ti prego di permettermi di presentarti un mio vecchio… amico. Credo che il nostro rapporto si possa definire tale, benché la nostra frequentazione si sia sempre dimostrata oggettivamente minima e, nelle rare occasioni in cui i nostri passi si sono incrociati, non sia mai mancata occasione di scontro fra noi… » sorrise la mercenaria dagli occhi di ghiaccio, schierandosi all’interno dell’annovero di chi non palesò alcuna sorpresa a quel mutamento « Sicuramente ti ricorderai delle storie che da bambine ci raccontavano per intimidirci e costringerci a temere quanto avrebbe potuto inconsapevolmente danneggiarci. Beh… egli è il protagonista di tutte quelle storie: El’Abeb! »
« Non è possibile… El’Abeb è morto secoli fa! » protestò Nissa, opponendosi alle parole della gemella, e muovendo lo sguardo in maniera incerta fra l’una e l’altro, come a soppesare la situazione e, nel contempo di ciò, a valutare le migliori opportunità che avrebbe potuto riservarsi qual proprie, nella consapevolezza di come il tempo avrebbe dovuto essere riconosciuto per lei amico e alleato, nel garantirle occasione di recuperare il controllo della situazione e di soffocare il fuoco di quella rivolta, trasformandola in una mera scaramuccia, priva di qualunque valore.
« Anche la regina Anmel… ma questo non le impedisce di rivivere in te. » contestò El’Abeb, rendendo propria una tonalità tale da poter giustificare un sorriso, se solo a quel suo macabro volto fosse stata concessa ancora occasione di sorridere « E sebbene il primo El’Abeb sia morto secoli fa, il suo retaggio continua a vivere ancora oggi in tutti coloro che sono venuti dopo di lui, e che dopo di lui hanno reso propria la sua maschera. » si concesse occasione di spiegare, a beneficio della sua interlocutrice « Un’eredità importante di cui io, ora, sono il detentore… e lo sono senza in ciò né alterare la mia percezione della realtà né soprattutto, alterare gli equilibri della realtà, per così come, al contrario, la tua presenza sta compiendo da lungo tempo, avvelenando tutto ciò che ti circonda così come la tua corona, per secoli, ha avvelenato la florida laguna di Grykoo, trasformandola nella landa di morte, e di non morte, che oggi è conosciuta come palude di Grykoo! »

Parole dure, parole di condanna, che, ove possibile, risuonarono ancor peggiori, nel proprio messaggio, in quanto allora scandite dalla voce di chi, nella storia di quell’angolo di mondo, aveva associato il proprio nome a quello di una piaga, di una disgrazia, di una terrificante sentenza di morte, in misura maggiore rispetto a quanto alcun altro guerriero, condottiero, predone o pirata fosse mai stato capace di compiere. Parole assurde, dal punto di vista della stessa sovrana dei pirati dei mari del sud, proprio perché provenienti da chi non avrebbe dovuto rendere proprio alcun diritto di giudizio nei suoi confronti, alcun diritto di predica in suo contrasto, non laddove, nelle epoche passate, a lui era stata associata soltanto immagine di dolore e morte, mentre lei, la regina Anmel Mal Toise, era stata capace di compiere straordinarie meraviglie, non distruggendo ma edificando, non spargendo morte ma incentivando la vita, nell’unificare ogni terra, ogni regno, sotto la propria bandiera, sotto la propria egida, con la promessa di un futuro di luce.
Come avrebbe potuto supporre El’Abeb, o chiunque egli fosse, di potersi ergere a suo giudizio, di potersi rivolgere a lei… a loro, con tanta confidenza, indicando cosa avrebbe avuto a doversi considerare giusto e cosa, piuttosto, sbagliato? Con quale coraggio, con quale impudenza, egli avrebbe potuto credere di poterla definire, nel proprio comportamento, nelle proprie scelte, nelle proprie azioni e, ancor più, nella propria influenza sul mondo, su un mondo che ella era nata per dominare, per piegare ai propri capricci e che, pur, mai avrebbe soggiogato… non in misura maggiore rispetto a quanto qualunque altro sovrano non avrebbe mai compiuto, nel proprio ruolo, nei propri titoli?

« … folli… » sussurrò Nissa Bontor, con voce carica di rancorosa ira, di rabbia a stento trattenuta, gettando uno sguardo carico di odio, vivo e palpabile, tanto verso l’uomo presentatosi come El’Abeb, quanto verso la sua compagna, l’albina ancora rimasta senza nome e nel merito dell’identità della quale, in effetti, non avrebbe potuto vantare alcun interesse « … siete un branco di folli se pensate di poter competere con noi… di potervi opporre a noi! » ribadì, ora con tono più energico, udibile non solo dalla coppia, ma anche dalla mercenaria a distanza da loro « Nostra era la volontà di concedervi un fine degna della vostra leggenda… ma se preferite essere trucidati senza alcuna fierezza, senza alcuna eleganza, noi non ci tireremo indietro! »


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