11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 20 marzo 2013

1885


« Di certo era un brav’uomo e un grand’uomo. » osservò egli, tornando a baciarla in quel punto tanto delicato, con un gesto ancora apparentemente privo di malizia, apparentemente privo di qualsiasi sottinteso, e ciò nonostante, o forse proprio in grazia di ciò, incredibilmente carico di erotismo, intenso e quasi straziante dal punto di vista della propria compagna « E, del resto, nell’essere riuscito a conquistare un posto tanto importante nel tuo cuore, non doveva essere un uomo comune… »

Vittima di quei baci, apparentemente casti e pur consapevolmente distanti dall’essere tali; la donna guerriero, la Campionessa di Kriarya, città del peccato del regno kofreyota, qual ella era anche stata recentemente eletta divenendone, di buon grado, l’unica, effettiva signora, protettrice e padrona, non mancò di constatare quanto impegno il proprio compagno stesse allora ponendo al fine di concederle occasione di distrazione dai propri pensieri, dalle proprie angosce, spingendola verso altre immagini, altre idee e altre immagini, non soltanto nella rievocazione del proprio primo amante, al pensiero del quale pur avrebbe potuto avere ragione di angosciarsi, quanto e piuttosto nella formulazione apparentemente incauta, e pur volutamente tale, di quell’ultima sentenza tanto ambigua e potenzialmente volta a porre in risalto non solo le qualità del compianto Salge, quanto e ancor più quelle dello stesso Be’Sihl. Ma laddove, obiettivamente, egli non si era mai proposto qual contraddistinto da tanto egocentrismo, da tale volontà di autocelebrazione qual, in quel frangente, avrebbe potuto essere allora astutamente riconosciuto ispirato; sola considerazione che la sua amata non poté ovviare a compiere fu quella rivolta alla consapevolezza di quanto, in tutto quello, egli non stesse considerando altro che la volontà di rendersi potenziale bersaglio di ironiche critiche allo scopo di graziarla dai propri peggiori pensieri, dalle proprie più spiacevoli ansie, anche a costo di poterci, eventualmente, rimettere personalmente.
E se anche, nella propria puntuale analisi di quel tentativo, di quell’impegno, la mercenaria non avrebbe potuto, in alcun modo, fraintendere le reali motivazioni del proprio amato, considerandolo meno di quanto, in tutto ciò, avrebbe meritato essere considerato e, ancor più, adorato; ella non volle neppure vanificare tutti i suoi sforzi a tal riguardo, non volle neppure negargli un’occasione di successo per come ricercata, accettando, pertanto, di prendere parte a quel giuoco, non quale semplice vittima passiva, se pur per una giusta causa, quanto e piuttosto qual partecipante attiva, non mancando di lasciarsi animare, a tal riguardo, anche dalla volontà di comprendere sino a qual punto egli sarebbe stato pronto a spingersi per lei…

« Be’Sihl Ahvn-Qa… spero che tu ti renda perfettamente conto di quanto tutto ciò potrebbe apparire anche qual un astuto metodo per promuovere, alfine, te stesso. » osservò pertanto, aggrottando appena la fronte con aria volutamente critica, anche laddove la pressoché completa oscurità della cabina non gli avrebbe comunque permesso di cogliere tale sfumatura espressiva di natura squisitamente fisica « Dal momento che anche tu hai conquistato un posto al mio fianco, ti consideri pertanto e molto poco modestamente un uomo fuori dal comune?! » gli offrì critico interrogativo, anche ove, dal proprio punto di vista, la risposta avrebbe dovuto essere considerata quantomeno retorica, e in suo esplicito favore, nel considerarlo, ella stessa, un uomo fuori dal comune… e, probabilmente, il miglior uomo che mai avrebbe potuto sperare di incontrare e di avere occasione di amare.
« Io…? » ripeté lo shar’tiagho, con tono grottescamente incredulo, eccessivamente sorpreso, stupito, in una misura nella quale difficile sarebbe stato giustificarlo e che pur, nel contesto di quel giuoco, ricadde completamente nei limiti di quanto egli avrebbe potuto o no concedersi di compiere « Io sono soltanto un umile locandiere, privo d’ogni arte o parte. » negò, cercando di porre l’accento sulla propria professione quasi, in grazia di ciò, gli sarebbe potuta essere concessa occasione di escludere i propri meriti al pari delle proprie responsabilità, volutamente ignorando come, invero, proprio in grazia a tale professione gli fosse stata altresì garantita l’opportunità di entrare a far parte della vita della donna della quale, ben presto, si era ritrovato a essere perdutamente innamorato, al punto tale da accettare di attendere quasi quindici anni prima di conquistarsi la possibilità di spingere il proprio rapporto a un livello superiore.

E quasi a voler dimostrare la propria innocenza, il proprio candore sotto tale profilo, per quanto consapevole che in tal modo avrebbe reso proprio solamente l’effetto opposto, egli agì rendendo i propri baci, i propri gesti, decisamente più audaci di quanto non fossero stati sino a quel momento, al punto tale da arrivare a strappare, quasi con forza, un imprevisto gemito dalle labbra della mercenaria, la quale si lasciò cogliere del tutto alla sprovvista in tale confronto, in simile contrasto, tale da spingere la loro disfida verbale su un piano decisamente più fisico, senza che le fosse stata concessa l’occasione di presumere per tempo tale evoluzione, anche laddove evidente impegno non fosse mancato in tal direzione, né, ancora, sarebbe certamente venuto meno. Una scelta, comunque, che ella non volle in alcun modo condannare e che, al contrario, sembrò addirittura incitare, nell’accompagnare i movimenti del suo capo contro i propri seni, contro le proprie forme, con la propria mancina, con un trasporto tale che ebbe addirittura a maledirsi nell’evidenza di non avere più una destra con la quale intrappolarlo contro di sé, inequivocabilmente e al di là di qualunque possibilità di ambiguità, di ogni possibile dubbio, sulla misura nella quale tutto quello avrebbe dovuto essere inteso qual estremamente gradito.
Non potendosi, tuttavia, permettere di perdere tanto banalmente una competizione, qual già quella avrebbe dovuto essere riconosciuta sotto un punto di vista squisitamente fisico, Midda Bontor volle rendere propria, quantomeno, la possibilità di una riscossa psicologica, nel porre il compagno, complice e amante, a confronto con l’evidenza delle proprie falle, anche e soltanto nel contesto caratteristico di quel giuoco, per così come incominciato e sino a quel momento portato avanti.

« Tu sei un gran furbo, caro il mio locandiere… » sussurrò, non tentando neppure di esprimersi con un tono di voce più elevato nel timore di lasciarsi sfuggire un altro gemito, o una qualunque altra dimostrazione di tutto il pur sincero e obiettivo piacere che l’altro le stava imponendo, ancor prima che donando, consapevole, dopotutto, di quanto egli non abbisognasse di ulteriori comprove della propria vittoria, del proprio trionfo, tanto nel conquistarla, quanto e ancor più nel distrarla da quanto, solo un attimo prima, ancora l’angosciava, zittendo ogni emozione negativa nel piacere della carne da lui tanto sapientemente stimolato « Sei riuscito a giungere al mio cuore passando per il mio stomaco, con tutte quelle stupende colazioni che mi hai sempre preparato, approfittandoti del mio bisogno di nutrimento… e ora desideri approfittare del mio bisogno di conforto per spingermi, ancora una volta, a fare all’amore con te, quasi non avessimo appena concluso un lungo momento di intimità. » gli volle ricordare, retoricamente, ove egli, suo pari, non avrebbe certamente potuto obliare al ricordo di quanto pocanzi occorso fra loro, nell’entusiasmo che aveva contraddistinto entrambi malgrado la dura giornata di lavoro alle spalle « E non pago, vorresti anche giustificare tutto ciò come un disinteressato sacrificio in mio sostegno, in mio supporto, al fine di aiutarmi a scacciare ogni cattivo pensiero dalla mia mente?! » concluse, in una domanda diretta, proposta con tono giocoso, in accordo a quanto intercorso sino a quel momento, e pur, non di meno, con intento sincero, nella volontà di porre giusta evidenza sul pur effettivo impegno da lui posto a tal riguardo, con indubbio successo.
« Beh… dovresti ben sapere come si dice in questi casi… » si concesse occasione di replica l’uomo, non senza un altrettanto sincero sorriso, non necessitando, ormai, di dissimulare le proprie azioni dietro fittizie malizie, essendo ogni brama tramutatasi in realtà, avendo ogni desiderio acquistato solido corpo, ben oltre quello che avrebbe potuto essere riconosciuto l’iniziale impegno del gioco nel quale ogni concreto interesse avrebbe dovuto essere mistificato, e nel quale, altresì e alfine, ogni mistificazione aveva acquisito la medesima valenza di un effettivo intento « … se non ci riesci la prima volta, ritenta. E ritenta ancora un’altra volta. E ancora un’altra volta… » concluse, sancendo in tutto ciò quello che avrebbe dovuto essere probabilmente considerato il suo manifesto personale e che, ancora una volta, non avrebbe mancato di riconoscergli un particolarmente piacevole successo.


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