11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 21 novembre 2011

Sangue nelle tenebre (2 di 3)

NOTA INTRODUTTIVA: Il seguente episodio, secondo di tre, ha da considerarsi quale parte di un racconto breve scritto nella speranza che fosse pubblicato sul quarto numero della rivista cartacea FM, di FantasyMagazine. A differenza dello Speciale 1000 e dello Speciale Natale, sebbene qui riportato quale pubblicazione "speciale", questo racconto breve ha da intendersi qual appartenente alla continuity narrativa delle Cronache, collocandosi fra il ventottesimo e il ventinovesimo racconto della serie (o, se preferite, in parallelo al ventinovesimo appena concluso) e tale da offrire uno sguardo su una delle avventure comunque vissute da Midda Bontor nei mesi di attesa per l'appuntamento con Carsa Anloch.

I
mpossibile, in conseguenza del compenso da lei richiesto al proprio mecenate, promotore di quell'iniziativa, sarebbe stato per chiunque comprendere in quale misura una mercenaria professionista, qual ella era, potesse star agendo sospinta dalla sola brama rivolta all'oro promessole, o, al contrario, in quale altra e diversa misura ella stesse lì operando per mero diletto personale, se non, addirittura, nella ricerca di un bene superiore. Indubbio avrebbe dovuto tuttavia essere riconosciuto quanto, in assenza di un adeguato stimolo atto a giustificare tale azione, fosse esso di natura veniale o no, ella difficilmente avrebbe accettato di interpretare il ruolo di un'anziana e stanca madre, in apparenza presente su quel carro in sola funzione dell'impegno del proprio figlio unigenito, in verità il suo scudiero, Seem, e della nuora, la compagna di questi, Arasha, alla conduzione del carro stesso. Una situazione giudicata qual sufficientemente svilente, per il suo orgoglio, nonché insoddisfacente, per la sua costante brama di adrenalina, con la quale da giorni ella si era comunque, e diligentemente, costretta a convivere, in attesa del momento in cui tanta sopportazione sarebbe stata alfine ricompensata nell'incontro con la minaccia da loro lì ricercata, addirittura invocata.

« Mia s… Madre. » si corresse Seem, per l'ennesima volta, invitato in tal senso da un repentino movimento del ginocchio dell'amata Arasha a impattare contro il suo « Siamo ormai prossimi al tramonto e ritengo sia opportuno, per noi, arrestarci in una qualche radura, prima di essere sorpresi dalle tenebre della notte in luoghi meno convenienti. »
« Mio caro. » prese voce la sua compagna, impegnandosi a riservargli, in reazione a quanto asserito, un tono stizzito, irritato, sì realistico da rendere difficile una qualunque presunzione di dissimulazione da parte sua « Se proprio lo desideri, non nella tua stanca madre, quanto, piuttosto, nella tua affezionata moglie, dovresti ricercare consiglio. » osservò, scuotendo appena il capo e palesando le ragioni della propria reazione, conseguente all'inesistente considerazione a lei riservata da parte di chi suo presunto sposo « Or dunque, prosegui ancora per qualche miglio, che l'oscurità non è imminente qual tu temi e arrestandoci prima del tempo, mai avremo occasione di raggiungere i porti tranithi. »
Celate dall'ombra del proprio scialle, le carnose labbra della mercenaria non poterono ovviare a un lieve sorriso di sincero divertimento, emozione fugacemente ribadita anche da un gioioso riflesso di luce nei suoi occhi color ghiaccio: « Te ne prego, figliuolo: non rendermi ragione d'imbarazzo innanzi alla mia splendida nuora, che tanta pazienza verso te già rivolge. » asserì, con voce volutamente incerta, tremula nello scandire ogni singola sillaba, a fingere grande stanchezza.

Parole comprensibilmente ironiche, quelle destinate a Seem, che vollero riconoscere merito alla brava Arasha per la propria collaborazione, quale presenza non ovvia, e, invero, neppur prevista, ma lì egualmente tale per propria esplicita volontà, e già dimostratasi perfetta nel ruolo assegnatole.
In un quadro d'insieme nel quale, proprio malgrado, l'insicuro scudiero avrebbe potuto risultare non così adatto quale capofamiglia, sempre troppo psicologicamente vincolato al giudizio del cavaliere, e, ancora, nel quale la stessa donna guerriero avrebbe potuto apparire sin troppo imperante, al di là del proprio misero aspetto, Arasha si era già dimostrata capace di riequilibrare in modo perfetto il gruppo, riconducendo, con mano ferma e mente vigile, ogni questione alla giusta misura ed evitando alla sola e reale protagonista di quel viaggio qualunque prematura esposizione. Così avvenne in quel breve dialogo, così era stato nei giorni precedenti e così sarebbe stato nei successivi se, in quella stessa notte, gli eventi non fossero finalmente precipitati.
Quieto, in reazione al dispotico intervento dell'amata, che comprendeva esser impegnata unicamente nel successo della loro comune missione, lo scudiero, falso mercante, continuò a condurre il carro ancora per quasi un'intera ora, prima di esser alfine costretto ad arrestarsi per la notte, allo scopo di allestire il consueto, e temporaneo, campo utile a permettere alla famigliola di consumare un modesto pasto e di predisporsi al riposo dei giusti.

« Madre? » esclamò Seem, levandosi in piedi al termine della cena, nel cogliere il passo forzatamente lento della donna, rivolta a cercare allontanamento dal fuoco acceso « Qualcosa turba…?! »
« Arasha, te ne prego. » richiese la mercenaria, non replicando in maniera diretta all'interlocutore, nel delegare la questione all'intermediazione della presunta nuora « Potresti essere sì cortese da ricordare al mio sin troppo premuroso figliuolo come una donna necessiti di intimità in talune occasioni? »

Offrendo invero ragione all'interesse del ragazzo, come in ogni altra sosta, solo desiderio per Midda avrebbe dovuto essere riconosciuto quello rivolto all'esplorazione dell'area circostante l'accampamento, a maturare confidenza con la medesima e a predisporsi, in ciò, a qualunque eventuale pericolo sarebbe potuto essere nascosto fra quelle ombre, già protagoniste di tanti tragici eventi. Nulla per cui, ovviamente, Seem avrebbe dovuto serbare preoccupazione per lei, quanto e piuttosto, nel caso in cui desiderasse sprecare emozioni d'ansia e di timore, per sé e per la propria amata, in tali momenti lasciati soli, privi della protezione altrimenti assicurata dalla presenza della mercenaria: ma il giovane, forse criticabile, forse ammirabile, per tal comportamento, non avrebbe mai riservato il suo primo pensiero a se stesso, alla sua incolumità, costantemente memore del proprio giuramento di fedeltà a colei che, tempo prima, gli aveva concesso una ragione di vita.

« Non dovresti starle sempre tanto addosso. » lo rimproverò Arasha, con dolcezza, distraendolo dalle proprie elucubrazioni e richiamandolo a sé « Tua madre è una donna adulta… e ha diritto di pretendere i propri spazi, le proprie libertà. » commentò, miscelando, con saggezza, riferimenti reali al contesto fittizio, a voler tranquillizzare colui temporaneamente eletto al grado di marito e che, forse, un giorno, sarebbe effettivamente divenuto tale, se entrambi lo avessero voluto.
« Lo so… ma… » esitò Seem, volgendosi a sorridere verso la seconda donna più importante della sua vita, terza nel conteggiare anche la sua vera madre, mai rincontrata dagli anni dell'infanzia « … ma è più forte di me. Ho sempre timore che ella possa aver bisogno d'aiuto e che io, in quel momento, non sia presente al suo fianco. »
« Se non fosse tua madre, immagino potrei anche essere gelosa di tanta adorazione. » commentò con fare sornione, scuotendo il capo e, con esso, i lunghi e lisci capelli scuri « Per fortuna so che… »

Un suono; un rumore; un esile fruscio; o, forse e solamente, un'impercettibile perturbazione nel contesto a loro circostante: fu questo a interrompere il sereno dialogo in corso, ponendo all'erta, in maniera istintiva, i sensi della giovane, per quanto priva dell'addestramento all'arte della guerra ricevuto dal suo compagno.
Alcuna formazione, dopotutto, era mai occorsa all'umanità, nella predominante rappresentanza dei propri membri, per assicurarsi occasione di giungere dai tempi del mito sino ai giorni presenti, sicuramente decretando crudele condanna per coloro dimostratisi incapaci di cogliere un'insidia quando imminente, e pur, al contempo, in tale tributo di sangue, selezionando individui intrinsecamente votati alla sopravvivenza. E così come, sin dall'origine della specie umana, dagli arbori della civiltà, una sola reazione era sempre stata interpretata qual segnale d'allarme, richiamo per una comunità innanzi a una minaccia, Arasha non si serbò esitazione alcuna nello svuotare, con forza, i propri polmoni, a emettere un alto grido, un urlo che, accanto alla paura per l'orrore innanzi a loro proposto, volle invocare l'intervento della loro sola speranza rivolta al futuro… Midda Bontor!

In termini per lei estremamente sgradevoli, il richiamo di Arasha colse la donna guerriero di sorpresa.
Midda, malgrado indubbie capacità predatorie e una naturale attitudine al combattimento, non aveva avuto modo di rilevare nulla di insolito, di estraneo al contesto loro circostante, ragione per la quale non solo si arrabbiò con se stessa per tale mancanza, ma, anche, si preoccupò per il fato dei propri due collaboratori, in tal grido sì simile a una divina condanna per l'insufficienza da lei dimostrata. Non ira o ansia avrebbero tuttavia dovuto guidare i suoi passi e la sua mano ove ella avesse voluto aiutare, o vendicare, Arasha e Seem: consapevolezza in grazia alla quale repentino fu il ritorno per lei al gelo, nell'anima come nei suoi occhi.
In ciò, dove la sagoma di un'anziana e debole donna, curva sotto il peso di troppi anni, ammantata in triste stoffa incolore, tale da offrire immediata trasparenza all'idea della stagione invernale alla quale era ormai giunta la sua vita, si era inoltrata all'interno della selva; l'estranea immagine di una matura ed energica combattente, fiera ed eretta nel proprio portamento e nei propri gesti, facente sfoggio della dorata pelliccia d'una sfinge a simbolica e sostanziale riprova del proprio valore, fece ritorno da essa, impugnando strettamente nella mancina una splendida spada bastarda, la cui perfetta e letale lama aveva avuto occasione di temprarsi nel sangue di innumerevoli avversari.
Rientrata al campo, ciò che ella si ritrovò a osservare parve solamente offrir allora ragione a tutte le voci che aveva avuto modo di udire, e di minimizzare, dal momento in cui, malgrado ogni propria reticenza a tal riguardo, non uomini, ma mostri, le vennero proposti quali avversari.

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