11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 25 novembre 2011

1406


« I
n questo momento ella ancora vive. » esplicitò Desmair, per quanto tutt'altro che entusiasta alla prospettiva di cedere, in tal modo, ai capricci di quello sciocco mortale, nel concedergli una conferma pur già sostanzialmente espressa « Ciò nonostante, fossi in te, eviterei di arroccarmi nella serenità di una tale considerazione, ove non è scontato che tale condizione possa perdurare inalterata ancora a lungo… »
« Parla quindi… hai tutta la mia attenzione. » definì Be'Sihl, non specificando quanto, in effetti, non avrebbe potuto far propria particolare alternativa a concedergli tale interesse, dal momento in cui, ritrovatosi a essere lì bloccato, psichicamente ancor prima che fisicamente, non avrebbe potuto far propria alcuna alternativa a prestarsi al giuoco dell'interlocutorie anche ove, a differenza di quello specifico momento, non vi fosse stata in lui alcuna reale curiosità nei riguardi di quanto egli avrebbe potuto comunicargli.

Rimasto seduto, sino a quel momento, su un enorme trono utile a contenere in maniera adeguata le proprie dimensioni, indubbiamente superiori a quelle che avrebbero potuto essere proprie di qualunque uomo con oltre sette piedi di altezza e trecentotrenta libbre di peso a caratterizzare un fisico comunque estremamente virile, scultoreo nei propri muscoli guizzanti sotto la sua tesa e glabra pelle rossa, Desmair a quell'invito, a quell'esortazione, offrì un inedito movimento, levandosi in piedi, ergendosi in tutta la propria altezza di fronte all'ospite, di almeno un piede e mezzo, forse due, più basso rispetto a lui, e con una massa corporea probabilmente dimezzata, o forse più, e mosse qualche passo in direzione di un tavolinetto lì prossimo, prima neppur preso in considerazione da parte dello shar'tiagho, sul quale una brocca e un calice lo stavano attendendo. Brocca, forse in argento, o forse in oro bianco, per quanto ebbe modo di valutare a tale distanza il locandiere, dal quale venne riversato in un calice di eguale prezioso materiale un liquido rosso scuro, estremamente intenso e corposo, che difficilmente avrebbe potuto confondere con del vino ove, anche in grazia alla propria professione e alla particolare città ove essa era esercitata, ben sapeva distinguere, egli, la consistenza del vino da quella del sangue, impossibile definire se animale o umani: particolare indubbiamente sgradevole, quello così imposto alla sua attenzione, nel confronto del quale Be'Sihl volle riservarsi sufficiente presenza d'animo da imporsi di ricordare come nulla di tutto quello avesse da considerarsi reale, in quanto, al di là di quanto i suoi sensi potessero imporgli, potessero fargli credere, egli avrebbe dovuto essere sempre fisicamente individuato ancora nella propria locanda, forse lì rimasto in piedi, immobile e smarrito qual una statua, o forse, addirittura, svenuto a terra, e in questo rapidamente soccorso da Arasha e dai propri garzoni. Riempitosi il calice, e fatto quieto ritorno al trono, Desmair sorseggiò il liquido così reso proprio, riservandosi, in tal gesto, in simile atto, una chiara volontà di attesa, un evidente momento di intervallo, probabilmente utile, in maniera implicita, a rimproverare l'uomo per i propri modi, ove, al di là della confidenza che pur egli avrebbe potuto riservarsi nei suoi riguardi, mai avrebbe dovuto commettere l'errore di dimenticare l'identità di colui con il quale si stava relazionando, figlio di un dio, seppur minore, e di una delle più grandi regine, se non la più grande in assoluto, di tutta la storia di Qahr.
Un silenzio, il suo, nel confronto con il quale lo shar'tiagho avrebbe volentieri offerto protesta, soprattutto a seguito del terribile annuncio del quale si era reso ambasciatore, e che pur, avendo inquadrato a sufficienza il carattere dell'individuo in questione, non avrebbe potuto equivocare nei propri significati, nella volontà per lui propria in tale atto. E dal momento in cui, purtroppo, il demone avrebbe dovuto essere riconosciuto qual unico reale protagonista di quel loro dialogo, di quella loro nuova occasione d'incontro da lui stessa resa possibile, in effetti non diversamente dalle precedenti, Be'Sihl non poté fare altro che attendere in silenzio, tragicamente rassicurato, qual paradossalmente sarebbe potuto essere descritto, dalla consapevolezza di come, nelle distanze intercorrenti fra sé e l'amata, un istante in più o un istante in meno, purtroppo, non avrebbero potuto cambiarne le sorti, non avrebbero potuto dimostrare reale influenza nel destino della Figlia di Marr'Mahew, ove questa fosse già stata, suo malgrado, condannata a morte.

« La trappola… » riprese alfine voce Desmair, quasi a concludere un lungo discorso pur mai realmente iniziato « La trappola che Midda aveva pianificato a discapito della sua gemella, si è purtroppo ritorta contro di lei e contro coloro che al suo fianco hanno deciso di porsi, in suo supporto. »

Ancora in silenzio, nell'attendere con pazienza il proseguo di quella spiegazione, il locandiere trascurò completamente gli stessi particolari già ignorati dal mostro, non perché per lui privi di qualunque importanza, qual pur in quel frangente erano, quanto, e piuttosto, perché da lui già noti, già spiacevolmente conosciuti in ogni loro più precisa sfumatura.
A quale gemella Desmair stava riferendosi? Alla sorella gemella di Midda Bontor, Nissa Bontor, la quale, come solo in tempi recenti egli stesso aveva avuto modo di scoprire, da un'intera vita si era schierata in aperta opposizione alla propria parente, sentendosi da lei tradita nei propri affetti, nei propri sentimenti, e in questo prendendo la ferma decisione di rovinarle la vita, non semplicemente uccidendola, quanto, piuttosto, andando a colpire chiunque altro attorno a lei, a lei prossimo, per negarle qualsiasi possibilità di nuovi legami. Nella speranza di soddisfare la sete di vendetta della stessa Nissa, nel frattempo ascesa al ruolo di regina dei pirati dei mari del sud, dopo aver riunito tutti i predoni in maniera anarchica lì prima operanti a dar vita a una nazione coesa e coordinata, avente qual capitale l'isola di Rogautt, Midda più di quindici anni prima aveva deciso di abbandonare la via dei mari, la vita da marinaia che pur tanto l'aveva appassionata sin da bambina, cercando il proprio futuro nella terraferma e in una nuova professione da mercenaria. Rinuncia estremamente sofferta, quella così abbracciata dalla Figlia di Marr'Mahew, che pur non era stata sufficiente ad appagare l'antagonista, la quale aveva continuato a perseguitarla, sin'anche arrivando a colpirla nella stessa Kriarya, città del peccato, in un momento di sua assenza, uccidendo una sua cara amica, nonché sposa del suo abituale mecenate.
Nel merito di quale trappola il demone stava offrendo parola? Della trappola conclusiva di una lunga strategia elaborata dalla propria compagna, strategia in grazia alla quale Midda aveva deciso arrivare a una definitiva conclusione nel proprio rapporto con Nissa, qualunque questa sarebbe poi potuta occorrere. Per troppi anni, più della consueta aspettativa di vita della maggior parte degli abitanti di Kofreya e, in particolare, di Kriarya, città del peccato, la sovrana di Rogautt, pur da lei non ancora riconosciuta qual realmente sua nemica, aveva sparso solamente dolore e morte attorno a lei, dando vita a una situazione che ella non avrebbe più voluto né potuto tollerare, ragione per la quale, qualunque fosse stato l'esito di un loro duello, di una loro disfida diretta, la Figlia di Marr'Mahew non avrebbe più accettato altra soluzione al di fuori di quella in tal modo riservatale.
A quali compagni avrebbe potuto il semidio riferirsi, nell'indicarli quali a propria volta caduti in trappola suo pari? A uno scudiero, Seem, compagno di Arasha, da Midda accolto in tempi recenti al proprio fianco in grazia alla propria forza di volontà, alla propria ferma decisione di divenire l'unico artefice del proprio destino, e di un destino, propriamente, qual scudiero accanto a lei; e a tre altri mercenari, due uomini, Howe e Be'Wahr, e una donna, Carsa Anloch, con i quali la Figlia di Marr'Mahew aveva già avuto passata occasione di collaborazione, e che, da lei, erano stati giudicati qual i soli, possibili complici nell'attuazione di quella strategia, di quella trappola. Una scelta, in particolare, che aveva visto la donna, Carsa, impiegata in un ruolo estremamente importante nell'attuazione di quel piano, nell'affidarle, in grazia alle proprie particolari capacità di infiltrazione, il compito di conquistare un'occasione di contatto con la stessa Nissa Bontor, per non farla mancare all'appuntamento così fissato e in occasione del quale ella stessa avrebbe dovuto far proprio un ruolo da protagonista, per quanto a sua più completa insaputa.
Come avrebbe mai potuto il mostro vantare una tale confidenza con tanti dettagli propri della vita di Midda, non solo in riferimento alla pianificazione di quella trappola ma, anche, e ancor più, nel riguardo del presente, dell'immediato, tale da poter informare Be'Sihl nel merito di un combattimento forse appena conclusosi a grande distanza da Kriarya e, maggiormente, dal luogo ove egli era stato intrappolato? Nello stesso modo in cui, dopotutto, non aveva mai cessato di seguire, e perseguitare, la propria sposa da dopo il suo allontanamento dalla propria fortezza, o, ancora, nello stesso modo in cui, anche in quel momento, si stava concedendo occasione di dialogo con lui, pur fisicamente ancora all'interno delle cucine della propria locanda: con i propri spettri, con le proprie inquietanti schiere di servitori dannati, Desmair non aveva mai permesso alla moglie un qualche effettivo distacco da lui, accompagnandola in ogni propria azione anche ove l'interferenza derivante dalla presenza del bracciale di Ah'Pho-Is gli aveva negato occasione di contatto diretto con la sua mente, così come era stato in passato. Alcuna ragione di concreto stupore, pertanto, avrebbe potuto essere propria per il locandiere innanzi a tale apparente onniscienza, che non qual tale avrebbe dovuto essere confusa, quanto, piuttosto, qual dimostrazione di ben altri poteri, di ben diverse capacità di predominio e controllo.

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