11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 7 settembre 2011

1330


T
anto stupende si erano appena offerte alla sua attenzione le forme della capitale thusser, armoniche nella propria ricercata composizione, nella loro accurata eleganza, tanto terribili, oscene, addirittura esecrabili si imposero allora quelle dei suoi abitanti, tali da obliare qualunque eventuale critica all’aspetto fisico delle due guardie già incontrate e di ogni loro altro commilitone, discriminato in tal ruolo dalla restante e maggioritaria presenza dei loro simili… che di simile ben poco, comunque, avrebbero potuto vantare. Escludendo, infatti, il colore della pelle, quello dei capelli e degli occhi, nonché dei particolari tatuaggi, o presunti tali, incisi sui loro corpi, difficile, se non addirittura impossibile, sarebbe probabilmente stato riuscire ad accomunare le possenti e temibili figure preposte a protezione di quella loro isolata civiltà con quanto ora lì mostratogli, più simile a una grottesca caricatura delle medesime che, altresì, alla dimostrazione di un sangue più puro, di una progenie superiore, qual pur essi erano soliti dichiararsi nelle parole della stessa donna guerriero.
A incominciare dalle loro teste, e dai loro volti, ove già ben poco sarebbe potuto essere immediatamente riconosciuto di assimilabile con i thusser guerrieri, apparve immediatamente evidente al mercenario shar’tiagho come, a differenza dei primi, difficilmente uno di quegli altri esseri lì osservati sarebbe potuto essere confuso da parte sua con un altro esemplare a lui pari, nella presenza di sin troppe orride e univoche deformità tali da riuscire a permettere una chiara identificazione del singolo all’interno della massa. Su una base generalmente ovoidale, arrotondata nella parte inferiore e più appuntita verso l’estremità superiore della nuca, nel prendere in esame quei capi, fossero solo per un paio di individui, così come una dozzina, impossibile sarebbe infatti stato individuare un canone comune o, semplicemente, predominante fra loro, anche solo nelle dimensioni di occhi, nasi, bocche e orecchie, ovviamente appuntite, così come, e peggio, nelle loro stesse forme. Alcuni occhi, bianchi, avrebbero potuto essere confusi per minuscole perle incastonate all’interno di una massa confusa, e, in ciò, persino complicati da cogliere nella propria medesima presenza; altri, al contrario, si imponevano tanto giganteschi da restare con difficoltà contenuti all’interno delle proprie stesse orbite, all’interno del cranio, sporgendo dallo stesso al punto tale da apparire prossima a ricadere all’esterno e da rotolare lontano da esso. Analoga analisi sarebbe potuta essere rivolta in direzione dei nasi, alcuni tanto schiacciati contro il volto da apparire prossimi a quelli di uno scheletro, altri tanto sporgenti e pendenti verso il basso, da evocare l’immagine di un becco da rapace; così come per le bocche, alcune tanto minuscole da risultare indistinguibili nella propria presenza, altre, al contrario, tanto vaste da poter ritenere che al loro interno sarebbero potuti essere inghiottite intere lepri senza il benché minimo sforzo; o, ancora, per le orecchie, alcune minuscole e compresse contro il cranio da risultare semplici accenni dispersi nel mezzo dei capelli spesso disordinati, altre sì sporgenti e allungate da ricadere verso il basso sotto l’azione del proprio stesso peso.
Proseguendo poi con l’osservazione del resto di quelle creature, a una prima, rapida valutazione Howe poté rilevare come essi non si limitassero a essere più bassi rispetto ai rappresentati della casta dei guerrieri, ma anche alla media umana, dal momento in cui, stimò, gli individui più slanciati fra quelli in tutto ciò a lui indicati sarebbero arrivati a malapena all’altezza del mento della propria compagna… ed ella, a propria volta, non aveva mai superato l’altezza del suo. Tale ridotta statura, comunque, si presentava, se possibile, ancor più castigata nella propria apparenza da una struttura fisica ben distante dal potersi definire qual eretta, e, in ciò, dal potersi considerare prossima a quella umana: con una schiena sì gobba da risultare, addirittura, ritorta verso il basso, in una forma prossima a quella di un ferro di cavallo, quegli esseri erano infatti costretti a mantenersi costantemente rivolti al suolo con il proprio intero busto, oltre che con il proprio stesso capo, ritrovandosi, in ciò, anche obbligati a far gravare parte del proprio peso sugli arti superiori, oltre che su quelli inferiori, ove, in caso contrario, impossibile sarebbe stato per loro mantenersi in equilibrio. Non realmente bipedi, pertanto, quanto piuttosto quadrupedi, avrebbero dovuto essere riconosciuti, nonostante non piedi, ma mani fossero quelle preposte a caratterizzare le estremità degli arti superiori. Arti, i loro, comunque conformati in una vaga parvenza di braccia e mani, ancora, particolarmente sviluppate nelle proprie dimensioni, al punto da apparire sproporzionate, per quanto difficilmente un qualunque canone sarebbe potuto essere individuato in quel quadro d’insieme: quadro d’insieme inevitabilmente compromesso nel semplice rivolgere la propria attenzione all’effettiva forma di braccia e gambe, o presunte tali, e nel rendersi conto di quanto, esse sarebbero potute essere scambiate, in tal senso, qual prodotto di terrificanti torture, ancor prima che del semplice corso della natura, nel presentarsi non meno storte e disarmoniche rispetto alla struttura della schiena alla quale facevano riferimento, e nel negare qualunque genere di specularità rispetto a una direzione longitudinale per quei corpi, ove il destro, nei casi migliori, avrebbe potuto proporre un avambraccio più lungo del braccio e il sinistro, altresì, un braccio più esteso del proprio avambraccio, mentre negli esempi peggiori avrebbe potuto prevedere un innesto nel busto, non sul fianco del medesimo, ma sul fronte anteriore piuttosto che su quello posteriore, lasciandoli apparire del tutto simili al frutto di un infantile tentativo di ritrarre nell’argilla una forma umana senza tuttavia alcuna speranza di concreto successo.
Inoltre, se pur non infine, particolarmente evidente nel rendere, nel confronto con tutto ciò, ancor peggiore, e più grottesco, l’aspetto di quelle creature, di quei thusser di pura razza, quali essi avrebbero probabilmente gradito essere riconosciuti, non sarebbe potuta essere trascurata anche la presenza di una folta peluria, apparentemente assente, altresì, nei guerrieri loro simili. Peluria ovviamente bianca, non limitata tuttavia nella propria presenza al volto, sul quale si conformava in folte e spesso lunghe barbe, ma anche e più in generale sull’intero corpo, con particolare attenzione per le già sgradevolmente curvilinee schiene e, ancora, per le avambracci e le gambe, in una misura spesso tale da risultare più simile a pelliccia che a semplice pelo. E, ancora, peluria che sembrava caratterizzare in maniera indistinta chiunque lì presente, rendendo impossibile cogliere una qualunque distinzione sessuale fra loro, nell’ipotesi tutt’altro che ovvia che, effettivamente, la loro natura prevedesse comunque differenze fra maschi e femmine o, ancora e persino, prevedesse degli esseri di sesso maschile e degli esseri di sesso femminile.

« Ora… è tutto più… chiaro… »

In tali parole, sussurrate in un alito di voce praticamente inudibile, forse nel timore che la propria voce potesse apparir quale ragione d’offesa agli autoctoni di quella vallata, Howe volle comunicare alla propria sodale, e guida, quanto, in quel momento, fosse risultato alfine comprensibile, esplicito il significato proprio dell'avviso inizialmente riservatogli da parte della donna dagli occhi di ghiaccio, il suo invito a ovviare a falsi presupposti e, soprattutto, a non presumere di aver compreso l’effettiva natura dei thusser sino a quando degli esponenti di tale razza diversi da quelli appartenenti alla casta dei guerrieri non gli fossero stati introdotti. Perché ove quanto da qualunque essere umano sarebbe stato giudicato e condannato qual orribile deformità, difficile da sopportare alla vista, lì appariva paradossalmente essere la norma. E la norma, o quanto di più simile alla norma dei canoni umani di valutazione egli avrebbe saputo ritrovare, avrebbe dovuto essere riconosciuta, altresì, quale la devianza, l’anomalia, l’orrore.
Ma… come sarebbe potuto essere considerato possibile che mostri tanto orrendi, privi d’ogni parvenza d’armonia e d’eleganza, fossero altresì i creatori dello splendore e della beltade intrinseca nella loro città? Come sarebbe potuto essere da lui, o da chiunque altro, accettato che chi totalmente tanto maledetto dagli dei tutti nel proprio aspetto fisico, fosse da loro stessi stato altresì benedetto nella capacità di plasmare la pietra e il metallo nel dar corpo ai capolavori lì presenti davanti ai suoi occhi?!

« Se tutto ciò non fosse così assurdo, così estraneo a ogni possibile fantasia, per quanto perversa, non potrei evitare di ritenere questo quale un terribile incubo. » ammise, ancora, mantenendo la propria voce simile più a una parvenza di respiro che a una concreta affermazione, a una qualche presa di posizione per quanto lì impostogli « Ma se davvero questi… esseri… potranno restituirmi quanto tua sorella mia ha negato, non sarà certamente il loro aspetto estetico a frenarmi. A inibirmi nei loro riguardi… »

E Midda, a conseguenza a quell’asserzione, non riuscì a trattenere un lieve, malinconico sorriso in direzione del proprio compagno, da sempre sin troppo vittima di stolidi pregiudizi e, in tutto quello, sospinto suo malgrado sino allo stremo al confronto con una realtà chiaramente esterna a ogni sua possibilità di gestione.

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