11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 24 giugno 2011

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I
n tal modo rinfrancato, al termine di quell'estemporanea e breve riunione con se stesso utile a ricondurre la propria attuale situazione alla giusta misura, Howe non poté ovviare alla chiara necessità di individuare, lì giunto, una qualsivoglia via utile per accedere all'interno del santuario. Una valutazione, quella richiestagli dall'interno contesto nel quale volontariamente si era sospinto, che avrebbe necessariamente dovuto tenere conto di due fondamentali requisiti, due dettagli tutt'altro che trascurabili nel proprio intrinseco valore e in rapporto con ogni suo possibile ed eventuale desiderio di sopravvivenza, innanzitutto, e di successo, in secondo luogo.
Il primo requisito, alla luce di ciò, sarebbe dovuto quindi essere riconosciuto nella razionale selezione di una via d'accesso priva di concrete occasioni di rischio per la sua incolumità, ove a ben poco sarebbe valso il raggiungimento di qualunque traguardo all'interno del tempio nel caso in cui, nel contempo, fosse morto o, comunque, fosse rimasto gravemente leso. Da escludere, quindi, la scelta dell'ingresso attraverso qualunque eventuale passaggio concepito qual tale, al quale sarebbe solamente mancata l'indicazione di una grossa freccia a suggerirne l'utilizzo e, con esso, a condurre qualunque sprovveduto incontro a un qualche trabocchetto lì celato, predisposto cinque secoli prima e, probabilmente, ancora in funzione dopo tanto tempo: non che, in tal categorizzazione, sarebbero allora potuti essere riconosciuti molti passaggi, là dove, se pur sicuramente ai piedi della facciata principale del complesso di culto probabilmente erano presenti grandi ingressi per accogliere i fedeli sin lì arrampicatisi, dalla via alternativa, e meno naturale, dalla quale egli era sin lì sopraggiunto solo una coppia di portoni, semiricoperti dalla polvere e dalla terra lì accumulatasi nel corso del tempo, si offrivano allo sguardo. E, parimenti, da ignorare anche la più originale, e sicuramente trascurata sotto il profilo della sicurezza, via offerta dai numerosi comignoli identificabili nella contorta struttura di quell'originale architettura, alcuni indubbiamente sufficientemente ampi da permettere una quieta ridiscesa al loro interno: prendere al vaglio una tale soluzione, pur indubbiamente priva di trappole di sorta, avrebbe comportato troppi rischi di più ampia natura, dall'eventualità di scivolare senza controllo al loro interno, ammazzandosi in maniera estremamente stolida, sino alla possibilità di restare lì incastrati, condannandosi a un destino non migliore.
Il secondo requisito, attraverso il quale lo shar'tiagho volle prendere in esame le pur non troppe possibilità lì offertegli dal fato, e dai progettisti originali di quella costruzione, per violarne il perimetro, sarebbe poi dovuta essere necessariamente giudicata una preferenza in favore della via, del passaggio che, fra tutti, avrebbe potuto consentirgli un accesso più diretto agli ambienti principali del tempio, al suo cuore più segreto e protetto là dove, speranzosamente, lo stava attendendo la reliquia attualmente contesa fra lui e suo fratello Be'Wahr. Per tale ragione, ancora, egli preferì escludere una serie di ipotetiche finestre che individuò in direzione della facciata principale, attraverso le quali probabilmente avrebbe anche conquistato un accesso, ma in conseguenza al quale chissà in quale assurdo dedalo di corridoi, stanze o, persino, passaggi segreti, avrebbe rischiato di ritrovarsi: per quanto probabilmente particolarmente più sicuri rispetto a eventuali canne fumare, quei varchi, temeva, avrebbero potuto spingerlo a perdere completamente il senso dell'orientamento una volta sospintosi al loro interno, ragione per la quale avrebbe potuto, e dovuto, favorire altre vie, altro genere di percorsi per ottenere quanto desiderato.
Purtroppo, così come troppo spesso si era già ritrovato in passato a rilevare, escludendo l'una, l'altra e l'altra soluzione ancora, nella fattispecie gli ingressi canonici, i comignoli e, ancora, le finestre, ben poche possibilità gli sarebbero potute essere ancora concesse. Anzi… probabilmente nessuna. Nessuna che, per lo meno, egli fosse allora in grado di distinguere innanzi a sé.

« Dannazione. » commentò, storcendo le labbra verso il basso e, al contempo, levando lo sguardo verso il cielo, quasi a invocare, in ciò, l'eventualità di un intervento divino a riportare la luce nelle tenebre allora impostesi sui suoi pensieri, nell'assenza di una via realmente in grado di soddisfarlo « Odio quando accade… »

Uno sfogo più rivolto verso se stesso che a discapito di un qualunque dio o dea, quello dello shar'tiagho, consapevole di come, invero, solo egli e alcun altro avrebbe dovuto essere giudicato responsabile per simile situazione, nel porsi chiaramente troppo pretenzioso in quello da lui desiderato qual legittimo fattore di prudenza nell'affrontare l'ignoto innanzi a se, il quale, tuttavia, in quella situazione specifica, si impose qual fortuitamente utile a porre innanzi alla sua attenzione, al suo sguardo, una realtà, pocanzi, non solamente non presa in esame, ma neppure, effettivamente, colta nella propria presenza, per quanto sì imperante nelle proprie proporzioni da risultar improbabile da ignorare. E così, solo in conseguenza tale gesto di insoddisfazione, egli si accorse di come, fra le numerose protuberanze emergenti dalla superficie superiore del tempio, ove era sopraggiunto, e rivolte al cielo non diversamente da rami di un albero, una in particolare, il posizione sufficientemente centrale, faceva allora sfoggio di una presenza particolarmente più significativa di qualunque altra, lasciandosi identificare, in effetti, più quale una vera e propria torretta che un semplice elemento decorativo proprio di quella pur caotica, asimmetrica e totalmente irregolare edificazione.

« Sia lode a Lohr. » sussurrò, in un misto di stupore e imbarazzo, inevitabile nella consapevolezza di quanto un dettaglio sì colossale avrebbe potuto essere da lui trascurato in assenza dello sbotto appena concessosi, in una reazione non propriamente professionale « Ti ringrazio, mio caro e affezionato dio, per avermi negato la compagnia di Be'Wahr in questa particolare occasione. » constatò, ancora sottovoce, osservando istintivamente e fugacemente l'ambiente a sé circostante, quasi ad assicurarsi che, effettivamente, non vi fosse alcuno nelle vicinanze, testimone di quanto appena occorso « In caso contrario sarebbe stato complicato inventarmi una scusa utile a giustificare una tale… svista. » sorrise, concludendo quella breve orazione di sincera gratitudine alla propria divinità prediletta e ritornando, dopo di ciò, a posare lo sguardo su quanto, allora, già chiaramente proclamata quale sua via prescelta, ormai necessariamente prediletta dopo una simile, magra figura, al di là di qualunque ulteriore e ipotetica analisi nel merito di quanto effettivamente essa avrebbe dovuto essere ritenuta migliore o no rispetto alle alternative tanto rapidamente scartate.

Nella ricerca di un'armonia estetica con il resto del complesso, di una coerenza con quel particolare stile che pur, a uno sguardo estraneo dai canoni classici di Tranith, sarebbe apparso totalmente privo di qualunque ipotesi di effettiva costanza, anche quella torretta, o presunta tale, non si mostrava in nulla e per nulla caratterizzata da un profilo regolare o, banalmente, geometrico, quanto, piuttosto, a sua volta prossima a una semplice, e contorta, nodosità sviluppatasi in maniera del tutto naturale, spontanea, dal resto del complesso, quasi un'arborescenza lì comandata, nella propria maturazione e crescita, dagli dei, ancor prima di una costruzione umana, progettata e realizzata secondo i voleri di una mente razionale e, altrove, in altre culture, in altre nazioni, capace di impegnarsi in forme completamente estranee a tutto ciò.
In conseguenza di una tanto confusa immagine, di simile presentazione visiva, difficile sarebbe stato, per chiunque, riuscire a ipotizzare una qualunque destinazione pratica per tale erezione. Malgrado ciò, quanto assunse altresì chiara importanza all'attenzione di Howe nel confronto con la medesima, fu come tutto quello non avrebbe dovuto essere frettolosamente e ingenuamente considerato qual frutto di banale follia architetturale, quale pur aveva appreso raramente essere un qualunque dettaglio estetico dei pur complicati edifici tranithi, quanto, piuttosto, riconosciuto qual parte integrante all'interno di un concreto, se pur non trasparente, progetto d'insieme, probabilmente allora legato a qualche specifico rituale proprio del culto di Thatres. E ancora, innanzi all'indubbia vigoria propria di quella torretta, quanto il mercenario non si riservò esitazione alcuna nel ritenere, fu come essa, al proprio interno, dovesse celare una scalinata a chiocciola, o altro genere di comoda e protetta opportunità di ascesa e ridiscesa lungo tutta la sua estensione verticale, utile a collegarne l'estremità superiore agli spazi interni al santuario, e tale da permettere, ai sacerdoti della divinità, di muoversi senza fatica dagli ambienti per loro più consueti sino a quel sito sopraelevato, senza, evidentemente, doversi impropriamente impegnare in una qualche sconsiderata arrampicata lungo l'altresì impervia superficie esteriore della medesima…

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