11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 18 aprile 2011

1188


P
ur isola maggiore fra tutte le sue compagne, ugualmente piccola avrebbe dovuto essere riconosciuta l'isola di Licsia, nell'arcipelago delle Licoseni, sì ristretta, nel proprio territorio e nella propria popolazione, da non poter prevedere, in verità, la possibilità che un evento qual la nascita di nuove vite potesse essere ignorato da alcuno, lì come nel circondario. Per tal ragione, ovvia, immancabile, se non, addirittura, necessaria, poté essere considerata la piccola folla che Nivre ebbe occasione di ritrovare attorno alla propria abitazione: uomini, donne e anche bambini, lì accorsi sospinti non solo dalla volontà di rendere omaggio a quel lieto evento, quanto, e ancor più, dalla curiosità di poter verificare quanto già divenuto argomento di pubblico interesse in tutta la cittadella, ossia il fatto che le due bambine appena nate non fossero semplicemente sorelle gemelle, ma, addirittura, gemelle identiche fra loro. Una vasta famiglia allargata, e non una semplice popolazione, si dimostrò essere, ancora una volta, quella propria e caratteristica della piccola Licsia, all'interno della quale Midda e Nissa, ancor non identificate con tali nomi, sarebbero state accolte non quali semplici vicine, conoscenti, concittadine o conterranee, quanto, piuttosto, quali figli e nipoti di tutti, protette all'interno di un unico, immenso abbraccio affettuoso in contrasto a qualsiasi possibile pericolo proposto loro dal mondo esterno.
Quando Nivre raggiunse l'edificio eretto con le proprie mani, modesto e, pur, solido tempio all'interno del quale l'amore suo e di sua moglie sarebbero potuti essere celebrati sino all'ultimo giorno della loro esistenza mortale, non immediato né semplice, pertanto, fu per lui riuscire a raggiungere l'amata Mera, posta d'assedio da tutti i loro parenti, vicini e amici. Molti furono i complimenti che vennero rivolti al neo padre in quello che, immeritatamente, qual egli non mancò di sentirlo, venne considerato il momento del suo trionfo, nel mente in cui egli, a fatica, tentò di avanzare attraverso una selva di braccia e mani tese verso di lui per complimentarsi dello stupefacente risultato ottenuto. Così, solo a seguito non poco sforzo, il giovane pescatore riuscì a raggiungere la soglia della propria dimora, accolto, alfine, da propria madre e dalla sua consuocera lì erette a guardiane del riposo della neo madre, impegnate a domandare, e a imporre nei casi più esuberanti, la necessità di quiete per la donna e per le sue figlie.

« Ce ne hai messo di tempo per ritornare da tua moglie… » non volle mancare di rimproverarlo la madre della moglie, aggrottando la fronte nel vederlo alfine giungere, ovviamente felice per il suo arrivo ma, non per questo, infedele al proprio ruolo di suocera nei riguardi del genero « … sempre in giro a divertirti con i tuoi fratelli mentre tua moglie grida per i dolori di un duplice parto! » insistette, impegnandosi a non rabbonirsi, nonostante, nel contempo stesso di quelle parole, Nivre non mancò di gettarsi ad abbracciare la madre, ovviamente meno critica di lei nei suoi confronti « Disgraziato che non sei altro. Speriamo che tu sia in grado di crescere degnamente quelle due piccole perl… »
« Ti voglio bene anche io… » sussurrò egli, interrompendo il monologo della donna e rivolgendo a lei, ora, il proprio abbraccio e il proprio affetto, in un gesto non meno sincero di quello appena rivolto alla madre « … e ti autorizzo, sin da ora, a fare tutto ciò che riterrai necessario compiere per il bene delle tue nipotine. » soggiunse, forse non istruito, al pari di lei, nell'arte del leggere, dello scrivere e del far di computo, ma, comunque, ugualmente in grado di comprendere l'animo delle persone a sé circostanti e, in ciò, di sapere come agire per essere ben accetto, quando necessario.

Proprio malgrado, per quanto, probabilmente, avrebbe preferito dimostrarsi dura e impassibile come sempre, la madre di Mera, nonna di Midda e Nissa, a quelle parole non poté evitare di concedersi, al pari della consuocera, un momento di reale commozione, lasciando irrigare le proprie scure gote con calde lacrime cariche, nella propria pur minimale e semplice forma, di tutte quelle emozioni, di tutti quei sentimenti per descrivere i quali, da sempre, cantori miei pari impegnano la propria voce, le proprie parole, in maniera pur, inevitabilmente vana, ove sol prerogativa divina è quella di poter plasmare simili energie, intrinseche dell'uomo mortale, e pur esterno a qualsiasi nostra possibilità di reale comprensione ed elaborazione.

« Lo farò. Sai bene che lo farò. » commentò ella, ritraendosi con forza da lui e ricacciandolo da sé, quasi avesse, in ciò, vista compromessa la propria fiera e severa immagine agli occhi del genero « E ora muoviti ad andare da loro… per quanto sia un disgraziato, meritano di conoscere loro padre. »

E il disgraziato… ehm… chiedo venia, intendevo dire Nivre, non si fece ripetere per una seconda volta quell'invito, ben lieto di oltrepassare la soglia dischiusagli innanzi e di allontanarsi dalla folla alle proprie spalle, per quello che, era certo, sarebbe stato da lui per sempre ricordato qual il momento più bello e importante della propria intera vita.
Due figlie. Ancor difficile, pur ormai prossimo alle loro candide figure, si rivelò essere per lui l'accettazione di una tale idea, straordinariamente lieto per quanto, tutto ciò, avesse da ritenersi prossima a una divina benedizione, forse persino interpretabile qual riprova di un intervento diretto della stessa Thyres in suo favore, in sua grazia. Ove, infatti, alla dea dei mari e non a Tarth, suo corrispettivo maschile, si proponeva principalmente devota la cultura religiosa dell'arcipelago delle Licoseni, lì, nella piccola isola di Licsia, a differenza di quanto pur considerato consueto presso un'ampia maggioranza di tradizioni, il ruolo della donna, all'interno della società, non avrebbe dovuto esser valutato secondo a quello di alcun uomo: al contrario, alle donne, in grazia della loro esclusiva capacità di procreazione, era riconosciuta una legittima e fondamentale importanza nella quotidiana ricerca di immortalità per chi mortale, immortalità che solo in grazia di un retaggio carnale, di figli e figlie, sarebbe stato concesso e ottenuto attraverso gli anni, i lustri, i decenni e i secoli stessi. In tutto ciò, pertanto, se l'idea di un figlio primogenito maschio non avrebbe potuto evitare di galvanizzare Nivre, cresciuto, del resto, in una famiglia con un'alta incidenza di membri maschili e tale, in ciò, da fargli ritenere di star onorando il proprio ruolo con tal successo, l'idea contrapposta di non una, ma, addirittura, due figlie primogenite femmine non avrebbe potuto che estasiarlo, nel garantirgli la possibilità di onorare, ancor più, i propri genitori e tutti i propri fratelli con un simile, sorprendente, risultato. Risultato del quale, ovviamente, on si sarebbe mai arrogato il merito assoluto, ma del quale, necessariamente, avrebbe dovuto essere riconosciuto qual inevitabile partecipe.
Tremante per l'emozione, in tutto ciò, egli non poté ovviare a presentarsi al cospetto della moglie, unica sua ragione di vita, di gioia e di speranza, e delle sue due figlie, addormentate, al pari della loro straordinaria madre, fra le sue braccia.

« … grazie… » sussurrò, prossimo allo svenimento, il neo padre, nel rivolgersi alla propria dea prediletta con un alito di voce assolutamente sincero, carico di una gratitudine qual mai, probabilmente, aveva avuto modo di provare verso di lei prima di allora.

Forse in conseguenza al suo ingresso nella stanza, o forse per quello stesso lievissimo accenno di voce, impossibile a dirsi la causa, fu allora che gli occhi di una delle due piccole, fra loro assolutamente identiche da apparir l'una il riflesso dell'altra, si aprirono, rivolgendo nella sua direzione uno sguardo serio e curioso, qual solo sa essere quello proprio dei neonati: in ciò, sotto un ciuffetto appena distinguibile di capelli color fuoco, ereditati dalla madre, due grandi occhi color ghiaccio si immersero, per la prima volta, in quelli color del cielo a loro paterni, per studiarlo, per comprenderlo e, indubbiamente, per amarlo, così come, tendendo immediatamente piccole manine ancora incapaci di reale coordinazione, ella espresse trasparentemente, in un'istintiva ricerca di lui.

« … nghé… » lo richiamò la bambina, dischiudendo la propria boccuccia in un ampio sorriso, splendido come l'alba e, come essa, in grado di donare luce e calore su coloro che l'osservano.
« Sono qui, piccola mia… » rispose egli, scattando, ora, a quel verso, accorrendo a lei come, già era certo, avrebbe sempre fatto per lei e per sua sorella ogni qual volta l'avessero ricercato, in nome di un legame di sangue e di un vincolo d'amore che mai, alcuno, avrebbe potuto incrinare o, tanto meno, spezzare « Tuo padre è qui, ora. »

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