11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 2 ottobre 2010

995


S
eduta con tranquillità nell’infermeria della Kasta Hamina, Midda Bontor si stava osservando attorno con sincera curiosità, stuzzicata nell’aspetto più fanciullesco del proprio animo, nei propri sentimenti più infantili, da quello strano ambiente e dall’ancor più strano responsabile del medesimo, come era stata sin dal primo momento del suo ingresso a bordo.
La realtà offerta da quel nuovo universo ancora in gran parte da lei inesplorato, in effetti, si era immediatamente presentata quale animata da incredibili paradossi, tali da lasciar apparire il medesimo al contempo estraneo e pur incredibilmente familiare innanzi al suo sguardo. Ove, a esemplificazione di tali nonsensi, in quella strana concezione del Creato, quanto da lei comunemente definita umanità si proponeva non semplicemente dispersa su tre continenti, quanto, piuttosto, su un numero allucinante di mondi indipendenti, dimostrandosi tuttavia del tutto priva di familiarità con concetti di stregoneria o negromanzia, e, altresì, apparendo confidente con quanto da loro definita tecnologia, sostanzialmente una scienza estremamente più avanzata di quanto mai sarebbe potuto essere immaginato nel mondo per lei natio, e tanto progredita da permettere persino di viaggiare attraverso le stelle del firmamento, oltre ogni limite che ella stessa mai avrebbe potuto ambire a raggiungere nonostante ogni proprio impegno in sfida a uomini e dei, quella stessa umanità non era ancora riuscita a progredire nell’intimo della propria natura, nel profondo dei propri innati istinti, al punto tale da farla apparire, nel proprio stesso modo di essere, quale una barbara incivile, una rozza primitiva assetata di sangue e capace di comprendere solo il linguaggio proprio della violenza più sfrenata.
Nella maggior parte dei contesti abitualmente propri di una nave come la Kasta Hamina, zone di frontiera ove la civiltà cedeva volentieri il passo innanzi al desiderio di continua colonizzazione di ricchi conquistatori o di coraggiosi ed eccentrici individui che, al pari di Beri Vemil, speravano di trovare la propria ragione di vita lì allontanandosi da tutto ciò che per loro era sempre stata consueta quotidianità, la forza di una lama, o l’impeto di un’arma da fuoco, erano le sole leggi vigenti, la sola unità di misura utile a giudicare il valore di un uomo o di una donna e, con esso, il proprio stesso diritto a essere. Accanto a simili periferie là dove difficilmente una donna come lei, una mercenaria vissuta per vent’anni in una città prevalentemente abitata da mercenari e assassini, ladri e prostitute, in effetti, esattamente come già nella propria concezione della realtà, anche in quel nuovo universo esistevano ambienti, città, persino interi pianeti, sufficientemente ipocriti da celare la propria più sincera natura dietro a volti apparentemente cordiali, a usi e costumi evoluti solo in maniera fittizia e tali da deprecare, in ciò, ogni ipotesi di combattimento, di lotta nel considerare addirittura sacra l’umana esistenza: tuttavia, ancora esattamente come nella propria concezione della realtà, anche in quel nuovo universo tanto apparente desiderio di pace, di amore universale, avrebbe dovuto essere considerato conseguenza di incredibile superficialità da parte dell’ipotetico osservatore, là dove l’egoismo e l’egocentrismo imperavano lì come altro, trasformando uomini e donne in bestie assetati di sangue nel momento in cui chiunque si fosse schierato in loro più o meno aperta contrapposizione, avesse osato criticare un loro pensiero o una loro azione.
Immagini e concetti completamente aliene alla natura propria di Midda, semplice figlia di pescatori, nata in un’isoletta sperduta nella quiete dei mari del sud, cresciuta come marinaia e, successivamente, divenuta mercenaria, quali i miracoli propri di una scienza tanto evoluta, primi fra tutti le stesse navi stellari, nonché, indubbiamente, le armi soniche, laser o al plasma, così come i veicoli a lievitazione magnetica, di ogni forma e dimensione, o, persino, inconcepibili traduttori automatici, capaci di permetterle l’immediata comprensione di qualsiasi linguaggio, per quanto a lei estraneo e sconosciuto, si proponevano pertanto, con la propria incontenibile meraviglia, in quotidiano confronto al sussistere di abitudini, modi d’essere e d’agire, filosofie esistenziali, per lei assolutamente noti, quali l’utilizzo di una spada allo scopo di distinguere il bene dal male e il giusto dall’empio, attribuendo tali definizioni non tanto in conseguenza di un arbitrario e universale concetto superiore, un precetto divino imposto sui mortali da creature realmente illuminate, quanto, piuttosto, in virtù dell’esito di uno scontro, nel riconoscere inevitabilmente la ragione al vincitore secondo le più primitive leggi proprie della natura selvaggia.
Tale paradosso, intrinseco e caratteristico di quel nuovo mondo, di quell’ipotetico futuro nel quale ora la mercenaria dagli occhi color ghiaccio e dai capelli rosso fuoco si era ritrovata a vivere, avrebbe potuto essere rilevato non solo in contesti sì evidenti, e pur generici, quali quelli propri dei conflitti pur lì costantemente presenti, ma anche in piccole realtà meno complesse e, ciò nonostante, forse ancor più immediate, come quella propria dell’infermeria in cui, ora, ella stava attendendo che il medico di bordo terminasse il proprio operato in suo soccorso, non ricorrendo a straordinari ritrovati di quella scienza ai confini della magia, a sofisticati macchinari dal funzionamento incomprensibile, quanto, piuttosto, a metodi estremamente semplici, quali…

« … miele… » borbottò Roro Ce’Shenn, scuotendo il capo e, con esso, i suoi lunghi e originali baffi e il pizzo lì collegato, nel ricercare con sguardo attento e umore contrariato dove potesse essere finito il vasetto contenente tale prezioso elemento medico « Dove posso averlo messo? »
La donna sorrise in conseguenza di quella domanda, non rivolta a lei, quanto, piuttosto, all’universo intero, nella ricerca caotica di un contenitore smarrito all’interno del disordine imperante di quell’infermeria: « Hai provato a guardare se non si trova insieme alle altre vivagne nella cambusa?… » domandò, non potendo evitare di provare simpatia per quell’originale vecchietto, tanto anziano da risultare addirittura inaccettabile al suo sguardo, nel confronto con l’aspettativa di vita massima di quanto per lei era sempre stato considerato consueto, accettabile.
« … vivagne?! » domandò l'anziano medico, interrompendo la propria ricerca per un istante, dubbioso per la frase appena udita « Ahh… vivande! Il tuo traduttore fa ancora fatica, a quanto pare. » osservò subito dopo, considerando già chiusa la questione e ponendosi, nuovamente, alla ricerca del vasetto perduto.
« Farco insiste nel dire che è assolutamente normale. » minimizzò la donna guerriero, citando l'opinione del loro esperto di bordo, e trovando, personalmente, già meravigliosa la tecnologia propria di quel minuscolo affare tale da garantirle la possibilità di relazionarsi con i propri compagni di ventura senza doversi esprimere a gesti quasi fosse una scimmia, ancor prima che un essere umano, così come era stata costretta a dover spesso fare in passato, nel confronto con culture e lingue a lei estranee « Le parole da me meno utilizzate sono di più difficile comprensione per il traduttore e, in questo, cerca di sopperire al meglio delle sue possibilità. » ripeté la spiegazione già udita in più occasioni « Ma, con il tempo, tutto dovrebbe riuscire a calibrarsi in maniera assolutamente perfetta… »
« Per quanto mi riguarda, sai bene che ritengo un delitto che una donna con un corpo come il tuo abbia addirittura bisogno di parole per esprimersi. » commentò tornando a volgersi verso di lei, con un sorrisetto malizioso e decisamente esplicito della sua ammirazione verso la pur non giovanissima paziente così lì in attesa delle sue cure « Ed è indubbiamente un peccato che quel pugnale ti abbia sfiorato sul braccio sinistro, e non in qualche altro punto di maggiore interesse… » soggiunse, in un grottescamente enfatizzato sospiro, a definire tutta la propria insoddisfazione per l'occasione sprecata.

Midda sorrise ancora, ora sinceramente divertita in conseguenza delle parole di quel vecchio. Abituata, dopotutto, a essere soggetto di commenti estremamente più espliciti, e meno gradevoli, nel merito del suo corpo e della sua avvenenza, ascoltare quelli ora lì a lei dedicati da parte del medico di bordo appariva alla sua attenzione quale il coinvolgimento in una specie di giuoco ancor prima che in un qualche tentativo d'approccio nei suoi riguardi, anche dove, in effetti, fosse ormai perfettamente confidente con le reali intenzioni dell'uomo e, soprattutto, con la sterminata lista di ex-mogli che egli, dall'alto della sua venerabile età, aveva accumulato sulle proprie spalle.

« Oh, beh… » riprese ella, portando una mano alla cerniera della propria tuta e, con gesti lenti e controllati, accennando a un movimento della medesima verso il basso, in un atto che avrebbe inevitabilmente concesso allo sguardo del proprio interlocutore la pienezza dei suoi seni già a stento lì mantenuti « … ma per permetterti di curarmi il braccio, dovrò comunque liberarla dalla veste. O no?! » gli chiese, con tono falsamente ingenuo, decisa a divertirsi con lui nello stuzzicarlo in tal modo.

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