11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 27 ottobre 2010

1020


U
n breve intervallo, una fuggevole finestra di opportunità, fu quella così proposta alla mercenaria, della quale ella approfittò immediatamente, non concedendosi alcuno stupore nel confronto quella nuova situazione ambientale e, anzi, elegantemente sfruttando la medesima a proprio tornaconto, al fine di guadagnare l'ingresso alla plancia e, con essa, almeno sperava, a una qualsivoglia possibilità di salvezza, qual sola avrebbe potuto offrirle un contatto con la propria navicella, nell’ipotesi, purtroppo ancora priva di possibilità di conferme, che i sistemi di comunicazione della nave non fossero stati danneggiati al pari di quelli relativi al controllo gravitazionale.

« Li ha uccisi… li ha uccisi tutti quanti! » gemette un uomo nero vestito, in chiaro riferimento non tanto all’antagonista lì sopraggiunta, quanto piuttosto ai non morti alle sue spalle, gli stessi che, se pur inizialmente offesi dall’improvvisa assenza di gravità, non persero occasione per dimostrare la propria intelligenza tutt’altro che primordiale, nel riadattarsi al nuovo contesto e, in ciò, nel ritornare alla carica verso il solo obiettivo prefisso.

In un’ampiezza indubbiamente maggiore rispetto a quella che sarebbe potuta essere offerta dalla plancia della Kasta Hamina, una ventina di nuovi, potenziali, avversari furono allora presentati allo sguardo della donna guerriero, scaraventati in maniera confusa, disordinata, in evidente conseguenza dell’inattesa, e inattendibile, perdita di peso così causata dalla distruzione di una pur minima parte della strumentazione lì presente. Un’inferiorità numerica sempre più marcata, quella con cui ella si ritrovò a confronto, la quale, tuttavia, non avrebbe potuto seriamente preoccupare la stessa mercenaria, dal momento in cui il nuovo, particolare contesto scenario di ogni eventuale scontro sarebbe dovuto essere giudicato troppo sensibile, troppo delicato, per permettere loro l’occasione di ricorrere alle proprie armi da fuoco, scelta che avrebbe solo aggravato la già grave situazione così come spiacevolmente proposta dall’impeto degli zombie.

« Salute a voi, miei cari anfiteatri… » sorrise Midda, rivolgendosi verso i presenti e galleggiando con naturalezza all’interno dello spazio lì presentatole, ritrovandosi, probabilmente in conseguenza della propria familiarità con le acque del mare, nelle quali era cresciuta, e aveva appreso a nuotare, quasi prima di camminare, più a proprio agio paradossalmente anche rispetto ai propri stessi anfitrioni così erroneamente definiti dal suo traduttore « … e grazie per la vostra squisita ospitalità! »
« Fermatela! » esclamò, per tutta risposta, una donna fra le presenti, nel rendersi conto di quell’intrusione e, tuttavia, nel ritrovarsi del tutto impossibilitata ad agire in suo contrasto, troppo lontana da lei e, peggio ancora, bloccata in un angolo dal timore degli incessanti colpi dei propri ex-compagni ora defunti.
« Sinceramente ignoro chi siate e cosa vi spinga a fare quanto state facendo… sebbene mi senta confidente del fatto che possiate essere identificati quali mercenari e, in ciò, non abbisognate di concrete ragioni per agire in tal senso. » commentò la mercenaria dagli occhi color ghiaccio, difendendosi, allora, da un primo, raffazzonato, attacco a lei proposto da un omaccione a breve distanza, respingendone la carica senza eccessiva difficoltà, per quanto, ineluttabilmente, a propria volta sospinta all’indietro in naturale reazione alla propria stessa azione « Vi pregherei, tuttavia, di voler essere sufficientemente cortesi da arrendervi, affidare alla mia protezione colei che avete rapito e lasciarmi libera di ritornare ai miei affari, non interferendo ulteriormente con i vostri. »
« Stupida sgualdrina… non ti rendi conto di cosa hai causato?! » riprese voce il primo ad aver parlato, l’uomo già dimostratosi timoroso nel confronto con l’immagine dei non morti e, ora, evidentemente tornato a tale argomento, a simile questione, ove purtroppo non trascurabile « Ci hai condannati tutti a morte. Tu, lei, noi tutti… faremmo prima a spararci un colpo in testa, piuttosto che continuare a combattere, dal momento in cui, presto o tardi, loro avranno comunque la meglio! »

Parole sincere, estremamente appassionate, quelle allora proposte da chi, qual professionista del proprio settore, avrebbe potuto dimostrarsi altresì freddo e distaccato anche nel confronto con una simile questione e che, per tal ragione, non mancarono di incuriosire la donna guerriero, pur senza distrarla dalle nuove minacce rappresentate dalla carica di un altro uomo e un’altra donna a suo discapito, i quali, in questa occasione, non mancarono di proporsi armati, impugnando saldamente i loro consueti pugnali di foggia militare, facenti sfoggio di una lama liscia e di un opposto fronte seghettato.
Ben lontana dall’essere animata da una qualsivoglia bramosia volta a incrementare le già numerose schiere dei non morti lì creati, nonostante il desiderio di sangue così tanto chiaramente dimostrato dai due, a tale coppia di antagonisti Midda non presentò in risposta la propria spada bastarda, quella lama con cui, del tutto indifferente all’assenza di gravità, avrebbe potuto imporsi su di loro senza particolare difficoltà ancor prima di una qualsiasi possibilità di danno personale, preferendo ricorrere, più prudentemente, alla propria stessa agilità, nonché alla propria esperienza nel combattimento corpo a corpo, per quanto raramente sperimentato in una condizione paragonabile a quella. In ciò, nel mentre in cui un primo pugnale, mantenuto da quell’uomo a lei ora dichiaratamente avverso, tentò un affondo all’altezza del suo basso ventre, ella afferrò con la mancina quello stesso braccio teso, contraendo i muscoli dell’intero corpo per sollevarsi contro la lunghezza del medesimo, nella sua parte inferiore, e, lì giunta, per guidare rapidamente le proprie gambe a incrociarsi più in alto, attorno al collo dell’avversario. Un gesto, quello così ricercato, non volto a imporre la forza di una morsa, quanto, piuttosto, l’impeto elastico di una fionda, in una mossa che, anche in contesti di consueta gravità, avrebbe ottenuto un effetto micidiale, sbalzando violentemente a terra il malcapitato, e che, in quel particolare momento, risultò a dir poco devastante, nel proiettarlo, privo di qualsiasi possibilità di controllo, lontano da lei nell’ampia sala. Nell’azione allora condotta a termine, tuttavia, ella si premurò di non impegnare anche la propria mano destra, in quanto altresì coinvolta nella necessità di difendere il resto del suo corpo dal contemporaneo, e non meno pericoloso, attacco dell’altra donna lì candidatasi al ruolo di protagonista, la traiettoria del pugnale della quale fu, allora, abilmente evasa da quello stesso, elegante, movimento compiuto in reazione al suo compagno, e alla quale ella volle rispondere con un meno raffinato, e pur efficace, schiaffo, che, pur imponendole una minima parte della propria forza meccanica, dell’energia propria di quella protesi robotica, la costrinse a roteare all’indietro, allontanandola dal proprio obiettivo, in un fallimento non diverso da quanto egualmente ottenuto da parte del proprio compare.

« Cercate di mettervi un po’ d’accordo, per Thyres! » si lamentò, con fare volutamente polemico nel ritornare ad assumere una posizione eretta in relazione al sistema di riferimento offerto dall’ambiente circostante « Da un lato mi accusate di avervi condannato tutti a morte, mentre dall’altro cercate ancora di combattermi. Vogliate prendere una decisione chiara, prima che siano i vostri ex-compagni là fuori a definirla per tutti noi… » li invitò, tentando l’azzardo intrinseco in quel tentativo di patteggiamento, di complicità fra avversari in reciproca difesa dal comune nemico rappresentato dagli zombie.

Una strategia, quella da lei ora ricercata e posta in essere nel confronto con gli uomini e le donne nero vestiti all’interno di quella plancia, che avrebbe potuto dimostrarsi una vana perdita di tempo nella propria stessa formulazione verbale, ove le sue controparti, mercenari suoi pari, si fossero comunque dimostrati particolarmente, e stupidamente, fedeli all’incarico ricevuto, ma che, nel caso in cui, al contrario, essi si fossero dimostrati reattivi e collaborativi a un’eventuale speranza di salvezza, avrebbe potuto guidarli a un insperato, e positivo, sviluppo in una situazione sino a quel momento costantemente degenerata di male in peggio.

« L’avete detto anche voi… la vostra situazione non è migliore rispetto alla mia. E, da morti, non potrete godere di alcuna eventuale ricompensa a voi promessa dal vostro mecenate. » insistette ella, nel cogliere incertezza, ora, negli stessi sguardi in cui, sino a un istante prima, era stata in grado di leggere soltanto indubbia avversione « La fuori c’è una nave che aspetta il mio ritorno. Io ho una possibilità di evasione da questo orrore… una possibilità di evasione che, se vorrete, potrà essere condivisa con tutti voi. »

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