11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 13 ottobre 2010

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« T
hyres… come ci gode questa piccola cagnetta irriverente e invidiosa! » sbottò la mercenaria, falsamente risentita per la beffa così dedicatale « Ringrazia il fatto che stai già portandoci fuori, o questo casco, invece di indossarlo, lo lancerei volentieri addosso alle tue forme tanto esili e delicate, signora Vorrei-tanto-anche-io-poter-mostrare-un-gran-paio-d… »
« Certamente! » la interruppe Duva, ridacchiando « Chi non ha mai desiderato poter far vanto di possedere due ammortizzatori personali?! Dopotutto sono estremamente utili in caso di collisioni frontali. » incalzò, non concedendosi una grassa e sincera risata solo perché, a propria volta, limitata nella propria libertà di movimento per le medesime ragioni appena espresse dall'altra.

In un clima sì lieto e divertito, in apparenza ben lontano da una qualsivoglia serietà e ben oltre al limite abitualmente proprio del faceto, quasi le due amiche, le due compagne di ventura, non fossero allora alla ricerca di nuovi guai, quanto, piuttosto, fossero banalmente impegnate in un viaggio di piacere, la navetta si allontanò, prima delicatamente, poi con movimento sempre più deciso, dall'interno dell'aerorimessa per addentrarsi nello spazio esterno.
Un viaggio, tuttavia, il loro, che sarebbe dovuto essere considerato tutt'altro che prossimo al semplice piacere, se non in una interpretazione estremamente ampia di tale termine, così come non tardò a essere dimostrato dai fatti, ancor prima che da qualsiasi chiacchiera, non appena esse raggiunsero una distanza di sicurezza dalla nave madre, e il portellone alle loro spalle fu alfine richiuso, a permettere agli ambienti interni di ritrovare la propria corretta pressurizzazione. Fu, infatti, proprio in quel momento che la Kasta Hamina, come da programma, volse tutta la propria attenzione verso la stessa fascia di asteroidi scelta qual obiettivo da parte della navetta, aprendo in ciò il fuoco con il proprio cannoncino al plasma e con i banchi di laser e rigettando, in tal verso, la propria massima potenza di fuoco, quasi animata dalla volontà di liberare la via innanzi a sé o, più semplicemente, di spazzare insieme a quei planetoidi alla deriva anche i propri avversari lì celati. In tal gesto, in simile manovra, in verità, fu allora compiuto quanto già decretato quale un atto completamente inutile, del tutto vano e privo di possibilità di riuscita, soprattutto nella speranza di poter, allora, riuscire a stuzzicare le proprie prede lì nascosti, dal momento in cui, per quanto potenti, i colpi così offerti dalle armi della nave turbarono solo in minima parte la quiete presente in quella distesa di giganteschi e inermi minerali, sì infrangendo gli elementi di misura inferiore, senza poter comunque permettersi di ambire a raggiungere un qualsiasi risultato degno di nota, in quello che, purtroppo, non avrebbe potuto evitare di essere accolto quale conseguenza di un'incontrollata isteria, di un moto di rabbia, ancor prima che di una qualche pianificazione strategia.
Nell'attuazione di quell'attacco, di un'offensiva tanto generica quanto priva di evidente significato, qual tutti speravano sarebbe risultata all'attenzione della nave loro obiettivo e del suo equipaggio di rapitori, Lange Rolamo non si volle in effetti impegnare al semplice fine di porre alla prova la potenza delle proprie armi, o di sfogare un sentimento di insoddisfazione represso al confronto con l'impossibilità, per loro, di proseguire nell'inseguimento condotto sino a quel momento, quanto, piuttosto, di attirare ogni eventuale attenzione, ogni possibile interesse, verso la stessa Kasta Hamina, al punto tale da lasciar passare del tutto inosservata la pur piccola e insignificante navetta allora impegnata in una pericolosa danza d'approccio verso quella particolare meta, in un tragitto che, pur, avrebbe potuto essere potenzialmente letale nel momento in cui un movimento della loro navetta, o un colpo sparato dalla loro stessa nave madre, avesse portato a collidere il devastante potere offensivo della seconda con la fragilità propria della prima. Fortunatamente, però, alla guida di quell'ipotetico sarcofago spaziale era il primo ufficiale di quell'equipaggio nel mentre in cui, al comando della armi della nave madre, si era posto, addirittura e temporaneamente, lo stesso capitano, nel porre in giuoco, pertanto, coloro che fra tutti avrebbero potuto riservarsi maggiori possibilità di riuscita, nell'essere entrambi dotati di quell'incommensurabile abilità e di quell'incredibile controllo pur necessari allo scopo di condurre a termine quell'assurda giostra.

« Ehy… questa volta ci è passato decisamente vicino. » commentò la mercenaria, nell'osservare la scia luminosa tracciata nell'oscurità dell'immensità stellare da un grosso fascio laser, mirato a meno di tre piedi dalla loro attuale posizione « Non è che il nostro caro capitano si è stancato delle nostre continue insubordinazioni?! » domandò in direzione della propria pilota, con tono ovviamente ironico, nel riconoscere, necessariamente, completa fiducia nelle capacità dell'uomo e nel non voler, minimamente, porre in dubbio l'affidabilità del medesimo.
« E' una fortuna per lui che siamo costrette al silenzio radio… » replicò la donna dagli occhi dorati, sì contratta e concentrata, in quel momento, da non poter evitare di dimostrare tale stato, caratteristico sia del suo animo sia del suo corpo, non solo nella propria stessa voce, ma anche attraverso la presenza di un lieve velo di lucente sudore sulla propria vellutata pelle, là sulla liscia fronte, così come sulle atletiche spalle e braccia, per l'occasione libere dalla presenza del giubbotto nel desiderio di garantirsi assoluta liberà di movimento e di controllo sui timoni della navetta « … altrimenti qualche simpatico improperio non mancherebbe di essergli dedicato con tutto il sentimento del mio timido cuoricino. »
« Devo forse iniziare a preoccuparmi? » aggrottò la fronte l'altra, incerta su come dover interpretare allora il tono proposto insieme a quelle parole, pur indubbiamente giustificato nelle proprie possibili ragioni.
« Solo se inizi a sentire una specie di fischio… tipo quello prodotto da un palloncino bucato. » sorrise Duva, per tutta risposta, concedendosi un tono più disteso allo scopo di imporre, in esso, maggiore quiete sul proprio animo, nel non voler riservare, a propria volta, alcuna incertezza nei riguardi di colui che, per lei, non era semplicemente un capitano, ma, anche, l'uomo che più aveva amato nella propria intera esistenza.
« Ah, beh…. » fece spallucce Midda, sorreggendosi alle pareti della navetta onde evitare di poter perdere l'equilibro in conseguenza di una manovra troppo ardita della compagna « Per mia fortuna ho già indossato la tuta: il problema non mi tange più di tanto! »

Alcun colpo, comunque, ovviamente e prevedibilmente, si spinse sufficientemente prossimo alle forme dell'agile navetta da poter essere considerato realmente pericoloso, nel veder limitato in maniera naturale un così massiccio attacco al ruolo di semplice accompagnatore del movimento della medesima sino all'interno dello strato più esterno, superficiale di quella smisurata fascia di asteroidi, e, solo al momento del raggiungimento di tale traguardo, prontamente interrompendosi, in obbligata conseguenza all'impossibilità per il capitano, e per qualsiasi tiratore, per quanto abile e capace, di potersi riservare un'inquadratura dei bersagli prescelti sufficientemente sicura da non rischiare di coinvolgere, erroneamente e tragicamente, anche le proprie stesse protette in ciò. Nel momento in cui, alle due donne, fu concessa occasione di raggiungere la fascia di asteroidi e di trovare rifugio e nascondiglio fra i medesimi, al pari dei propri avversari lì ricercati, la prima parte del piano studiato dallo stesso Lange avrebbe dopotutto dovuto considerarsi completato con pieno successo. E, per tale ragione, egli si poté allora permettere di abbandonare i controlli tattici, così fuggevolmente richiesti qual propri, allo scopo di fare ritorno al timone della nave e, in ciò, di comandare alla Kasta Hamina un'improvvisa inversione di rotta, a voler, in tale manovra, in simile ritirata, rendere trasparente, soprattutto all'attenzione dei propri avversari, tutta la propria personale delusione per la palese mancanza di risultati ottenuta in conseguenza di un sì massiccio impiego di risorse.
Non potendo, infatti, riservarsi l’occasione di inseguire la nave nemica all'interno della fascia di asteroidi e, al contempo, non essendo neppure in grado di costringere la medesima a lasciare la protezione lì ottenuta, una soluzione semplice, quasi banale, e pur potenzialmente efficace, così come giudicata dal suo stesso ideatore, fu quella di evitare qualsiasi particolare impegno in entrambe le soluzioni, in favore di una via forse meno diretta, ma più comoda, qual solo sarebbe potuta essere giudicata quella volta a garantire ai fuggiaschi la realizzazione del migliore degli scenari precedentemente immaginati e, in questo, invitarli ad abbandonare in tutta serenità la quiete di quel rifugio per riprendere il viaggio in direzione della propria meta finale: una direzione che, prontamente, sarebbe stata efficacemente colta da parte della navetta lì celata a rigirare in contrasto alle loro controparti la stessa risorsa da loro eretta a propria difesa.

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