11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 24 settembre 2010

987


« S
ono perfettamente consapevole di non essere stata invitata… » esclamò ella, con tono ironico e divertito, nel menare, senza eccessiva arte, colpi a destra e a manca, in quella che, al di là di ogni possibile implicazione, non sarebbe potuta essere accolta qual sostanzialmente diversa da una chiassosa rissa da bar « … ma nel confronto con una tanto allegra compagnia, come avrei mai potuto esimermi a fare di tutto per aggregarmi a voi?! » li canzonò, ancora una volta dimostrando, in ciò, quanto in comune avrebbe potuto vantare con la propria compagna di ventura.

Tutt'altro che estranea a sarcastici e denigratori interventi nei riguardi dei propri avversari, in effetti, avrebbe dovuto essere giudicata la stessa Midda Bontor, la quale, addirittura, di simile attività aveva fatto una vera e propria arte, nel giudicare psicologicamente debilitante, per gli altri, e altrettanto emotivamente gratificante, per sé, simile attività, al punto tale da averla resa una propria, naturale abitudine, in contrasto sia a normali avversari umani, sia a ogni genere di mostruosità con cui, usualmente, si ritrovava a essere posta a confronto nelle proprie epiche avventure, nelle proprie leggendarie imprese. In verità, innanzi a creature non umane, e troppo spesso ammantate da un'aura di leggendaria invulnerabilità, invincibilità o, peggio, immortalità, tale trucco, qual, sostanzialmente, avrebbe dovuto essere considerato, si era sempre dimostrato utile, per se stessa, allo scopo di impedirsi di considerare realmente invulnerabili, invincibili o, peggio, immortali simili avversari, tali controparti, nella sfida alle quali, altrimenti, non avrebbe potuto riservarsi alcuna speranza di vittoria, alcuna pur vaga presunzione di trionfo: al contrario, nel farsi beffe di un feroce ippocampo o di uno stuolo di zombie, egualmente bramosi delle sue carni, ella si costringeva a ridimensionare a livello psicologico tali imprese, simili battaglie, al punto da riuscire a considerarle non semplicemente fattibili, ma, persino, ovvie, naturali, in un risultato che non avrebbe mai potuto ritenere al di fuori della propria portata, anche dove, altresì, da tutti considerato al di fuori delle possibilità di chiunque.
La semplice, e pur letale, minaccia rappresentata, in quel mentre, dalla fitta pioggia di laser imposta in proprio contrasto, tuttavia, non avrebbe mai potuto stimolare in lei l'esigenza di simile diletto, dal momento in cui, per quanto indubbiamente e mortalmente pericolosa, non sarebbe potuta essere da lei giudicata al pari della sfida con creature nettamente superiori a quei tredici disgraziati armati. Così, senza pur commettere il tremendo errore di sottovalutarli, ella non si impegnò, neppure, in senso contrario, sopravvalutandoli e, in ciò, ritrovandosi costretta successivamente a contenerli, a ridimensionarli all'interno di un profilo più quieto. Al contrario, riconoscendo loro il giusto, appropriato grado di pericolosità, ella si concesse di affrontarli senza eccessiva enfasi e, reciprocamente, senza eventuale indifferenza, ponendo in essere una strategia estremamente semplice, adeguatamente ardita e, pur, di potenziale successo, qual solo sarebbe potuta essere giudicata quella che la vide dirigere la bocca da fuoco della propria arma sonica verso il suolo e, subito dopo, premere il grilletto.
Gli effetti derivanti da tale gesto, dall'impatto di un colpo di moderata potenza, superiore a quelli già rivolti in contrasto diretto ai propri avversari e, pur, non ancora tale da raggiungere la piena capacità propria del cannoncino, con il terreno sotto ai loro piedi, furono quelli di un'improvvisa e violenta scossa sismica, in conseguenza della quale, tanto a proprio stesso discapito, quanto in offesa ai propri avversari, tutti i presenti in quel piccolo angolo di una piccola luna, furono inaspettatamente sbalzati in aria e poi al suolo, quasi semplici balocchi privi di animazione. E se anche, effettivamente, tale colpo produsse successo in suo stesso, grottesco e paradossale contrasto, la donna guerriero, a differenza dei propri nemici, non subì alcuna sorpresa per tutto ciò, ragione per la quale, prima ancora che ai tredici nero vestiti fosse riservata occasione di comprendere cosa fosse occorso, ella poté catapultarsi contro di loro, riuscendo, ancora una volta, a trasferire quello scontro da una media-lunga distanza, al corpo a corpo, in quella situazione, in quel frangente nel quale ella avrebbe avuto ineluttabile occasione di eccellenza, così come già ampiamente dimostrato.

« Cosa sono quei musetti sconvolti?! » sorrise la donna dagli occhi color ghiaccio, avventandosi nel mentre di tali parole su di loro, sui primi fra loro a lei più prossimi « Non vi sarete davvero illusi di potermi trattenere con così poco… spero bene. Sarò forse una vecchietta, ma ho ancora molte risorse su cui fare affidamento, in lode alla benevolenza di Thyres! »

Se solo uno fra gli uomini e le donne lì presenti non avesse avuto da temere l'avvento del capo della sicurezza della Kasta Hamina in loro contrasto, costui o costei avrebbe potuto approfittare dell'occasione così eventualmente lì riservata per osservare con interesse, probabilmente persino ammirazione, le movenze proprie di colei allora definitasi qual "vecchietta", nel sincero confronto con le consuete aspettative di vita del proprio mondo natale, della propria epoca, ben diverse da quelle vigenti in quella nuova realtà di incredibile longevità e di viaggi stellari.
Per quanto, infatti, ella avesse superato un traguardo a dir poco straordinario per una mercenaria, quale era stata negli ultimi vent'anni della propria vita, Midda Bontor godeva ancora e innegabilmente di un'agilità, di una tempra, di un'energia fuori dal comune, caratteristiche che, legate a un corpo in costante e sempre perfetto allenamento, non avrebbero potuto farle invidiare alcuna figura in confronto a lei anche estremamente più giovane, e, in ciò, potenzialmente superiore. In ciò, del tutto simile a un potente felino, ella si muoveva in quello scenario, in quel frangente di battaglia, fra i propri avversari, lì su di lei imposti in una superiorità che in molti avrebbero ritenuto schiacciante e che, ciò nonostante, mai sarebbe potuta apparire tale per chi già ritrovatasi a confronto con cifre di numerose unità multiple rispetto a quella attuale, con gesti rapidi, passi leggeri e pur sempre sicuri e perfettamente controllati, che mai avrebbero potuto essere fraintesi qual frutto di effimero caso, di semplice casualità, ma che, al contrario, sarebbero stati, sempre e indiscutibilmente, rivelatori di un capacita di predominio assoluto, per lei, sull'intero mondo a sé circostante. Impossibile, nonostante il disordine proprio di tale situazione, sarebbe stato supporre di offrirle, volontariamente o involontariamente, un eventuale e qualsivoglia intralcio, ostacolandola nei movimenti o rallentandone i gesti, dal momento in cui mai quella donna, concepita nel desiderio dei propri dei solo per quel genere di vita, per quelle continue e inesorabili battaglie, avrebbe concesso alle proprie sinuose e femminili forme di agire tanto stolidamente, sì superficialmente, da poterla portare in fallo, per quanto addirittura inaccettabile sarebbe allora stata l'idea che ella potesse essere in grado di condurre un'azione offensiva su un fronte, una difensiva su un altro, e un movimento verso un terzo completamente diverso, come pur stava compiendo, essendo dotata, in tutto ciò, di soli due occhi, due orecchie e una sola mente, qual pur ella effettivamente era. E così, ove un attimo prima ella si intratteneva con due avversari in un preciso punto, in una definita locazione nello spazio, un istante dopo sembrava essersi trasferita, quasi per incanto, a diversi piedi di distanza, a poter riservare il proprio interesse, le proprie attenzioni, ad altri tre antagonisti, i quali, da troppo tempo ignorati, avrebbero potuto erroneamente supporre un'assenza di pericolo per loro, al punto tale da concedersi di distrarsi nella volontà di ordire eventuali azioni e reazioni in sua offensiva, a suo discapito, quasi a punirla per la scarsa considerazione allora loro riservata, per il coinvolgimento loro negato in quell'esperienza agghiacciante e, ciò nonostante, straordinaria.
La semplice possibilità di osservare quella figura guerriera in azione, sulla base di simili premesse, sarebbe pertanto stata, probabilmente, un'occasione, un'avventura a dir poco unica, stupefacente ed entusiasmante, per quanto al contempo spaventevole, e forse letale, in un paradossale contrasto in termini tale da scatenare intime reazioni non dissimili a quelle proprie di un eventuale confronto con l'indomabile potenza della stessa natura, quali quelle rappresentate dall'inviolabile attrazione di un buco nero, dall'incredibile potere distruttivo del cuore incandescente di una stella o, molto più semplicemente, dalla forza irrefrenabile di un uragano, di una tromba marina o di un sisma. Nulla di più semplice da accettare, pertanto, dell'idea che ella, nella propria realtà colma di misteri e di superstizione, potesse essere stata indicata quale la figlia mortale di una dea della guerra, là dove, effettivamente, ella si proponeva quale l'incarnazione stessa della guerra, dilettandosi nella più furiosa battaglia non diversamente da un infante fra i propri trastulli prediletti.

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