11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 21 agosto 2009

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L’
espressione dipinta sul viso della mercenaria nel momento in cui si ricongiunse ai propri compagni, si concesse tanto trasparente nella propria soddisfazione da richiedere solo una semplice domanda, che le venne proposta praticamente all’unisono dai due fratelli: « Quando partiamo? »

Innanzi al sentimento da lei trasmesso, infatti, alcun dubbio sarebbe potuto essere ipotizzato, alcuna incertezza avrebbe potuto trovar ragion d’essere, escludendo in ciò non semplicemente la curiosità nel merito di come ella avesse ottenuto le informazioni delle quali abbisognava, o di come fosse riuscita a comprendere il messaggio loro rivolto da parte di Sha’Maech, o, ancora, della destinazione dell’inevitabile nuovo viaggio che li avrebbe così visti coinvolti. Incedere in tali questioni, in simili domande, avrebbe probabilmente significato porre in dubbio i risultati da lei raggiunti, mettere in discussione la sua bravura, atto da considerarsi quasi blasfemo del quale nessuno fra loro avrebbe voluto certamente averne la pur minima responsabilità.
Ciò nonostante, la Figlia di Marr’Mahew parve non voler concedere loro tanto immediata soddisfazione, dimostrando altresì di volersi impegnare nel guidarli attraverso lo stesso percorso razionale da lei condotto. Un gesto, una modalità, che qualcuno a lei estraneo, non confidente con la sua natura ed il suo carattere, avrebbe potuto considerare quale ricerca di autocelebrazione, ma che, in verità, avrebbe dovuto essere interpretato come trasparente di volontà estremamente diverse, come ella stessa, probabilmente, non avrebbe poi mancato di chiarire in maniera esplicita.

« Quanta fretta. » scosse il capo, negando immediatamente la stereofonica questione propostale « Non vi interessa neppure sapere dove dovremo andare, questa volta? »
« Per Lohr… » gemette Howe, lasciandosi crollare contro una parete, esausto, come del resto non avrebbe potuto ovviare di essere suo fratello o anche la loro stessa interlocutrice, per quegli ultimi giorni trascorsi tanto inutilmente « Come riesci ad utilizzare ancora un simile termine, dopo che per una settimana ci siamo ritrovati intrappolati in mezzo al nulla e senza alcun reale scopo? »
« Se ci avessero rinchiusi all’interno di una prigione, in effetti, avremmo avuto maggiori possibilità di svago rispetto a questa locanda. » concordò Be’Wahr, inevitabilmente costretto a concedere ragione all’altro « Parlare di fretta, in questa situazione, ha sinceramente un che di paradossale… »
« Thyres… ed io che credevo di aver a che fare con due rudi mercenari. » scherzò la donna guerriero, sorridendo maliziosa e sorniona « A quanto pare mi trovo a discutere con una coppia di smidollati che preferiscono elencare con fierezza le ragioni del proprio vittimismo ancor prim… »
« D’accordo! D’accordo! » la interruppe lo shar’tiagho, levando le proprie mani in segno di resa « Facciamo come desideri tu: dopotutto è sufficiente che, in un modo o nell’altro, si riesca a salutare quanto prima queste quattro mura… »
« Dove dovremmo andare, questa volta? » domandò il biondo, in immediata conseguenza dell’affermazione del fratello e nel riprendere le stesse parole da lei richieste poc’anzi.
« Se insistete tanto… beh… stando alle indicazioni offerteci da Sha’Maech… » riprese a parlare, salvo immediatamente interrompersi come distratta da un pensiero fugate, da una memoria quasi dimenticata « Ehy! Ma non mi avete neppure chiesto come sono arrivata ad ottenere questo messaggio… » denotò, nuovamente divertita da quel ludo, non diversamente da un predatore felino innanzi a una coppia di innocui topini di campagna.

Per un istante, in entrambi i fratelli, l’istinto, naturale e condivisibile, fu quello di reagire verso la compagna con un insulto, in risposta a tanta spudoratezza da parte sua nei loro confronti, a quel suo farsi giuoco di loro in sola conseguenza della forza a lei attribuita dall’informazione posseduta, da quel dato non scontato per il quale già troppo tempo era stato investito, per non dire sprecato. Consapevoli però di come, ancora una volta, cercare di opporsi a quella volontà non avrebbe potuto concedere loro alcun reale risultato, limitandosi a prolungare altresì l’agonia derivante da simile stato, i due si guardarono l’un l’altro, silenziosamente votando, in tal modo, per mantenere la calma e riconoscere alla mercenaria quanto da lei voluto, non avendo del resto numerose alternative dalla propria.

« Grazie. » sorrise ella, apprezzando la collaborazione donatale con tanta disponibilità da parte dei compagni « Come, purtroppo per voi, non sapete, non volendo offrire tempo o importanza all’arte della lettura o della scrittura, a nozioni così elementari e pur rare in questo nostro mondo, alla base del linguaggio verbale con il quale comunichiamo sono delle parole, un insieme di suoni che, secondo determinati canoni, possono essere addirittura posti per iscritto, attraverso caratteri particolari, segni prestabiliti. »
« Dei… la lezione, no… vi prego. » rantolò Howe, chinando il capo fra le gambe nel supplicare pietà in conseguenza di quanto da lei proposto con tale preludio.
Midda, però, non concesse soddisfazione al proprio compagno e, indifferente alle sue lamentele, proseguì tranquilla: « Così come non tutti i linguaggi verbali sono uguali, anche il linguaggio scritto cambia da zona a zona, da nazione a nazione, da realtà a realtà, e con esso, addirittura, anche i caratteri fondamento del medesimo. » spiegò, tranquillamente, quasi si fosse preparata da tempo quella particolare spiegazione ora loro offerta « Nel continente di Hyn, ad esempio, si ricorre a particolari segni definiti ideogrammi, con i quali non si rappresenta un suono, non si compone una parola, ma si vuole indicare un concetto, un’idea. »
« E, poi, hai anche la faccia tosta di arrivare a rimproverarci per la nostra ignoranza… » commentò lo shar’tiagho, a sua volta non desistendo dall’offrire la propria idea, la propria opinione « Sei consapevole che con certi discorsi non potrai mai convincere qualcuno ad apprendere volontariamente, per proprio interesse, simile arte? »
« In Qahr, differentemente, i caratteri, ai quali si ricorre per mantenere in maniera imperitura, o quasi, un testo, nello scriverlo fra le pagine di un libro, cercano di catturare l’essenza stessa del suono delle nostre parole, arrivando in alcune aree a scindere il medesimo nella forma più elementare, di vocali e consonanti, mentre qui in Kofreya, così come nelle aree limitrofe suddividendole in sillabe e riportando ogni sillaba su carta attraverso un simbolo univoco, impossibile da confondere o da errare. » proseguì la donna, non donando la pur minima attenzione al proprio compagno ed al suo tentativo di disturbo.
« Quando scrivi, quindi, riporti su carta gli stessi suoni che noi emettiamo nel parlare? » domandò, invece, conferma Be’Wahr, forse sinceramente interessato al discorso, più per diletto proprio, derivante dalla necessità di ottenere da una necessità, quale quella, una qualche virtù « E’ più semplice rispetto ad un… ideogramma? »
« Non credo di aver le competenze per esprimere un giudizio a tal riguardo. » replicò ella, ora concedendo sì spazio al biondo, in conseguenza di una questione pur pertinente con il discorso in atto « Sicuramente il nostro metodo di scrittura assorbe materia prima, carta innanzitutto, in quantità fisicamente superiori rispetto ai nostri vicini di Hyn. Allo stesso modo, però, un nostro carattere può servire per dar vita ad un numero praticamente illimitato di parole, combinandosi ad altri suoi simili, e suggerendo, in questo modo, un impegno estremamente minore di fronte alla duplice scelta fra l’apprendere un linguaggio scritto. »
« Tutto questo, cosa ha a che fare con noi? » richiese la medesima Figlia di Marr’Mahew, nel voler ora anticipare le richieste inderogabili dei propri compagni « Anche nostri caratteri, per quanto numericamente inferiori agli ideogrammi, possono essere, e spesso vengono, riordinati secondo una convenzione nota, tale per la quale è possibile conteggiare uno ad uno i medesimi… assegnando, parallelamente, loro un valore numerico, matematico. »

Fu allora, ancor prima che la sua signora potesse avere modo di proseguire con le proprie spiegazioni, che Seem offrì evidenza di esser finalmente giunto, a sua volta, alla soluzione di quel secondo enigma, per quanto ovviamente privo delle conoscenze, delle competenze specifiche utili a poter decifrare quanto lasciato loro da Sha’Maech, effettivamente non all’interno delle camere, nel rispetto delle parole già anticipategli dalla stessa Midda.

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