11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 29 gennaio 2009

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F
u necessario il quarto ritorno della Figlia di Marr’Mahew alla locanda per concedermi l’occasione di fare ordine in me, nel mio cuore, nella mia mente e nel mio animo, come prima non mi era stato dato modo di compiere, maturando ancora un poco, crescendo.
Se un anno prima, in contrasto al suo modo di fare solitario, non si era presentata da sola alle porte della città del peccato, un anno dopo ella vi fece ritorno insieme addirittura a nuovi compagni di ventura: tre mercenari suoi pari che, nella volontà di una comune mecenate, erano stati uniti per l’adempimento di un incarico, una missione non meglio identificata, tenuta segreta al pubblico, ma evidentemente caratterizzata da un livello di pericolo fuori dal comune, da una complessità insolita, se non addirittura inumana, dove aveva richiesto addirittura il coinvolgimento di una simile squadra. Non ebbi esitazioni a riconoscere la donna guerriero, dove il tempo parve non essere trascorso per lei, le stagioni sembrarono non essersi alternate in quel periodo di distacco, lasciandola inalterata nella propria bellezza, nella propria forza, quasi fosse partita il giorno prima. Al di là di ogni altra considerazione, però, ciò più mi colpì in un simile frangente fu come ella diede prova di ricordarsi reciprocamente di me, di riconoscermi, associandomi naturalmente, ma incredibilmente dal mio umile punto di vista, alle figure di Be’Sihl e del guercio tranitha in quanto presente nella sua stanza al momento di quel lontano risveglio.

« Sei poi riuscito a riprenderti dall’emozione vissuta? » mi domandò, con tono dolce e divertito.

Tale questione, semplice, innocente, scherzosa, mi raggiunse del tutto inattesa ed inattendibile, cogliendomi nel momento in cui ero impegnato a svuotare due pesanti secchi d’acqua dentro la vasca in legno presente nelle sue stanze.
Come ad ogni suo precedente ritorno alla locanda, infatti, la prima, puntuale e rituale richiesta era stata quella di un bagno caldo, necessario a concedere al suo corpo pulizia dalla polvere accumulata nel lungo viaggio appena compiuto, utile a donare alle sue membra ristoro per l’umana stanchezza derivante da troppo tempo trascorso lontano da una città, in quel caso a cavallo, in altri a piedi. Dove, usualmente, si poneva proprio Be’Sihl in testa alla piccola processione predisposta al riempimento della tinozza, il fato aveva orchestrato quel giorno al fine di impedirgli l’assolvimento di tale compito, distraendolo all’ultimo momento per mezzo di una richiesta posta da un altro cliente: in ciò, senza colpa o merito, ero pertanto finito per essere a capo del gruppetto di garzoni trasportanti l’acqua calda al piano superiore.

« Invero, mia signora, da quel giorno la mia vita non è stata più la stessa… » risposi, cogliendo l’occasione a me proficua, nell’offrirle il migliore fra tutti i sorrisi che mai avrei potuto concederle « Non ho avuto più occasione di raggiungere requie, perché il cuore mi è stato strappato con violenza dal petto al momento della tua partenza, perché ogni speranza di senno ha abbandonato la mia mente nel timore di non poter godere più della tua presenza al mio fianco… »
« Sono folle per te, Midda Bontor… » proseguii, appoggiando a terra i secchi prima tenuti in mano, per essere libero di cercare la sua mano mancina e stringerla fra le mie, a condurla al mio petto « E se anche questo mio sentimento dovesse offrirsi a te quale blasfemo, alcun timore si porrebbe su di me per aver osato tanto. Uccidimi se lo desideri, strappami la vita dal corpo se ciò ti può concedere soddisfazione. Ma… »

Non ebbi modo di concludere la frase. Non ebbi occasione di terminare le parole che stavo pronunciando. Le sue calde e morbide labbra mi zittirono, mi impedirono di proseguire, imponendosi su di me con passione, con desiderio, quasi violenza: un bacio coinvolgente, come mai avevo ricevuto prima di quel giorno, al quale mi strinsi con forza, quasi aggrappandomi a lei, a quelle forme, come se esse potessero rappresentare l’unico appiglio in un mondo troppo caotico, troppo…
Ma come sono bravo… sto morendo e trovo la forza di mentire a me stesso?!
D’accordo… non è andata proprio così.
Anzi… non è andata assolutamente in questo modo.

« C-c-come?! » balbettai, avvampando in viso, sorpreso non tanto dalla domanda che mi presentò quanto, piuttosto, dal suo stesso essersi a me rivolta, laddove, nonostante ogni mia fantasia, ritenevo di essere comprensibilmente e praticamente trasparente innanzi al suo sguardo.
« Per Thyres… » sorrise, scuotendo il capo « Non desideravo ricominciare tutto da capo! »
« Io… io… » cercai di giustificarmi, ritrovandomi però privato di ogni pensiero, quasi nella mia mente si fossero imposti i deserti di Shar’Mohr.
« Non ti agitare… fai finta che non abbia chiesto nulla! » commentò ella, con comprensione.

Ebbene sì! Colei che per un anno intero avevo sognato, bramato, con insistenza tale da apparire simile a perversione, mi aveva rivolto attenzione, parola… ed io ero stato capace solo di balbettare.
Unicamente in virtù del rispetto, o forse del timore, verso la mercenaria che nei miei confronti aveva mostrato un minimale interesse, i miei compagni si trattennero nell’evidente desiderio di scoppiare a ridermi in faccia innanzi alla mia reazione: inevitabilmente dovevo aver risvegliato in loro il ricordo degli scherzi prima dimenticati, dell’aneddoto perso nella loro labile memoria, e ciò non avrebbe mancato di tormentarmi nei giorni successivi, peggiorata nell’enfatizzazione conseguente a quella nuova magra figura. Consapevole di ciò, completai rapidamente il mio lavoro e, rosso in viso, mi allontanai come un cane bastonato, silenzioso e dolorante. Non fu il mancato colloquio con Midda, però, ad aprirmi gli occhi, a permettermi la maturazione, la crescita interiore prima accennata, quanto piuttosto il dialogo fra ella e Be’Sihl avvenuto nel corso del mattino seguente, del quale mi ritrovai ad essere semplice spettatore, ascoltatore discreto.
Quando all’alba mossi i miei passi verso la sala principale della locanda, per prendere servizio come di consueto, vidi innanzi a me il mio benefattore e la sua ospite seduti ai due lati opposti del bancone, coinvolti in un’aura di serenità familiare per me prima di allora sconosciuta. Non vi fu malizia, inizialmente, nel mio gesto, nel mio giungere a loro: nulla avrei potuto sapere in merito a quella che, solo successivamente, compresi essere una loro abitudine, allo stesso modo in cui Midda mai avrebbe potuto essere a conoscenza di quella mia pratica, di quel mio costume maturato solo nel corso degli ultimi mesi nel levarmi sempre di buon ora per l’assolvimento dei miei compiti. Solo Be’Sihl avrebbe dovuto attendersi tanto il mio arrivo quanto il suo: sbagliandomi, in quel momento immaginai che, però, egli si fosse scordato di me, coinvolto umanamente nei propri sentimenti per la donna seduta innanzi a lui. E, in quella particolare situazione, per quanto non fosse mio desiderio spiarli non potei fare a meno di ascoltare il loro dialogo.
… ovviamente mento per l’ennesima volta…
Come avrebbe potuto non essere mio desiderio spiarli? Se una metà del mio cuore era affezionato a Be’Sihl come ad un padre, l’altra metà ancora bramava Midda quale amante ed alcuna occasione sarebbe potuta essere più propizia di quella per studiare tanto il mio nemico quanto il mio obiettivo.
Dove non ero stato da loro notato, pertanto, restai tranquillo, nascosto in ombra, per ascoltarli, curioso, indiscreto. I due, in quel particolare momento, si stavano proponendo particolarmente vicini, legati reciprocamente e magneticamente dai propri sguardi, entrambi evidentemente bramosi l’uno dell’altra, di potersi unire in amore, dando libero sfogo ai sentimenti che sembravano poter essere chiari all’intero Creato ad eccezion fatta di quella coppia di protagonisti.

« Stai forse cercando di sedurmi, Midda Bontor? » sussurrò egli, spingendosi ancora di più verso la donna, in replica evidentemente ad una precedente affermazione che non ebbi modo di cogliere, di ascoltare, probabilmente nel corso di uno dei loro classici confronti fra il serio ed il faceto.
E, con una semplicità disarmante, con una dolce sensualità naturale, ella rispose, aiutandolo ad abbreviare la distanza minimale esistente fra loro: « La vera domanda è un’altra… ci sto riuscendo, Be’Sihl Ahvn-Qa? »

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