11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 27 gennaio 2009

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M
idda appariva madida di sudore, quale conseguenza della febbre che ne stava straziando il corpo, dominandola con rabbia, con ferocia priva d’eguali: la sua pelle era stata lavata, la sua carne curata e fasciata, ma dentro, in lei, la battaglia più importante stava avendo inizio proprio allora, nel contrasto all’infezione che avrebbe potuto decretarne la morte o sancirne la vita senza che ad alcun altro fosse data possibilità di intervenire ad aiutarla, a sostenerla.

« Ho fatto tutto quello che mi era concesso: ora è nelle mani del destino. » sussurrò Be’Sihl, sfiorando appena la mano della donna nel confermare tale drammatica situazione.

Indubbiamente su lui maggiormente pesava la responsabilità di quel momento, in un tormento appena comprensibile a sguardi esterni: se ella non fosse sopravvissuta, probabilmente egli non sarebbe riuscito a trovare pace, adducendosi la colpa di non aver fatto abbastanza nonostante, invero, avesse fatto più di quanto ci si potesse attendere da lui, più di quanto credo nessuno avrebbe potuto credere possibile fare. Innanzi ad una tale tragedia, però, appariva chiaro come l’uomo non avrebbe potuto accettare spiegazioni, giustificazioni, per quanto logiche e razionali: i suoi sentimenti per lei, anche se posti da sempre a tacere, non gli avrebbero potuto offrire consolazione o perdono.
Ma, con la forza d’animo che fino a quel momento aveva dimostrato, con quell’empatia che lo aveva contraddistinto al di là del suo brutale aspetto fisico, delineandolo quale persona molto più profonda, molto più complessa di quanto non potesse apparire, ennesima conferma della mia personale filosofia sulle pietre, fu nuovamente il tranitha a prendere il controllo della situazione: egli non ricorse più a battute intrise di sarcasmo, ma offrì una verità, sincera, indiscutibile, in poche semplici parole che ribaltarono completamente la realtà, almeno per come l’avevamo osservata fino a quel momento.

« No. Sbagli. » affermò, appoggiando una mano sulla spalla del locandiere « E’ il destino ad essere nelle sue mani. »

Anche io avrei voluto dire qualcosa, avrei voluto cercare di proporre la mia voce, di confermare quell’opinione per dimostrarmi vivo, attivo, presente accanto a loro, ma di fronte alla situazione mi sentii inerme, impossibilitato ad esprimere qualsiasi emozione.
In me, al contrario, si concedeva essere solo il desiderio di uscire all’esterno di quella stanza, di andare a ricercare un sasso per offrirmi futura memoria di quella giornata e di ciò che durante essa era accaduto: una pietra ferrosa, in tonalità di ruggine, sarebbe stata la scelta migliore, nel ricordare quel sangue, quelle ore di dolore ed angoscia. Allontanarmi in quel momento, però, avrebbe significato tradire la fiducia che Be’Sihl aveva riposto in me, abbandonarlo quando più aveva dimostrato chiara necessità di non restare solo… e così non mi mossi. Nonostante tutto restai ancora presente, in silenzio ma presente, sacrificando le mie esigenze personali e rimandando ai giorni successivi la brama per quella pietra.
Sasso che poi effettivamente cercai e trovai a tempo debito.

« E’ una guerriera: la lotta è ciò per cui è nata. » incalzò il guercio, annuendo con convinzione e cercando di trasmettere tale positività anche al compagno in quella sventura « Lotterà. »

Ed ella lottò…

Tre furono i giorni necessari a Midda Bontor per superare la febbre. Giorni lunghi, immensi, che parvero essere più simili a mesi, soprattutto per noi che vivemmo da spettatori quel momento, quella situazione, impossibilitati a qualsiasi azione nei suoi riguardi. Nel corso di tale periodo, Be’Sihl non volle concedersi possibilità di distrazione, di riposo, per quanto evidentemente la nostra presenza accanto alla donna non fosse né richiesta né necessaria: ovviamente il guercio ed io non saremmo stati costretti in alcun modo a restare a nostra volta al loro fianco, ma entrambi, tacitamente, comprendemmo la situazione ed accordammo la nostra presenza. E dove mai scorderò il grido che Midda lanciò nell’attimo in cui la freccia venne estratta dal suo corpo, ancor meno credo che mi sarà permesso rimuovere l’immagine meravigliosa ed incredibile che in quel mattino, all’alba del terzo giorno dall’intervento, mi si concesse innanzi lo sguardo.
Ho premesso di aver già avuto esperienza con le donne, vero?
Ho sottolineato come né il corpo femminile né i suoi doni fossero per me un mistero, no?
Quella mattina, nonostante tutta la mia competenza in tal campo, fui sul punto di soffocare nell’aprire gli occhi, ancora annebbiati dal sonno, e nel ritrovarmi a pochi pollici di distanza dalle curve della mercenaria, nuovamente vitale e completamente nuda innanzi a me. Invero, nei giorni precedenti, le forme di Midda non erano state un mistero per alcuno fra noi, essendo rimasta sempre nuda sotto le coperte ed avendola detersa da sudore con regolarità almeno due volte al giorno: in quel momento, però, fu come se io ne avessi reale percezione per la prima volta, come se mi fossero del tutto sconosciute e solo in quel frangente le avessi potute apprezzare in tutta la loro pienezza. Ella, evidentemente, aveva ripreso coscienza e stava tentando di raggiungere i suoi vestiti, posti ordinati sullo scrittorio accanto al quale mi ero addormentato, celato nel calore di una coperta di lana grezza: era stata incredibilmente discreta nei movimenti, assolutamente quieta nei propri passi, felina come un gatto, ma qualcosa, forse uno spostamento d’aria, forse semplicemente l’orario e la luce del nuovo giorno, mi aveva invitato a socchiudere gli occhi nel momento più proficuo che mai gli dei mi avrebbero potuto concedere. Ed il respiro mi restò mozzato in gola, facendomi rantolare un suono non meglio definito.

La mia reazione, accolta con sguardo truce dalla donna, fece riprendere di colpo Be’Sihl, che si scosse dal sonno e farfugliò: « Cosa succede? »
« Io… io… » tentai di parlare, di rispondere, di dire qualsiasi cosa o, anche solo, semplicemente e vanamente, di staccare gli occhi dai seni che innanzi al mio viso delicatamente ciondolavano in una rara ricchezza.
« E riprenditi. » mi rimproverò Midda, impossessandosi dei suoi abiti, obiettivo di quell’incursione, e rivolgendo per la prima volta una parola proprio verso di me, con un tono che non riuscii a comprendere, forse serio, forse scherzoso « Sembra che non abbia mai visto una donna nuda in vita tua… »

Ciò che avvenne dopo quel momento non mi fu semplice da seguire ed, a tutti gli effetti, venni dimenticato da tutti i presenti: Be’Sihl, Midda e, persino, il guercio, giunto dopo poco di ritorno da una qualche passeggiata all’esterno, sembrarono ignorare che io fossi ancora in quella stanza, proseguendo nelle proprie discussioni, nelle proprie schermaglie verbali. Io, semplicemente, mi ritrovai ad essere quasi stordito dall’immagine che non voleva abbandonare il mio sguardo, per quel corpo pur ancora ferito, pur ancora debole, che mi aveva comunque donato una nuova concezione non solo di femminilità ma anche di forza.
In pochi minuti la situazione si evolse tanto rapidamente quanto lentamente nei giorni prima era rimasta simile a se stessa, vedendo la mercenaria essere rivestita dal locandiere ed accordarsi con il tranitha per la liberazione di una sua giovane compagna, ragazza con cui era tornata alla locanda in quell’occasione e che, assurdamente, era stata rapita sotto i suoi occhi. E per quanto sarebbe stato sciocco intervenire, una parte di me, forse ancora ammaliata dalla visione offertami precedentemente, avrebbe voluto gridare il proprio supporto alla donna, avrebbe voluto aggregarsi alla sua missione, ignorando ogni rischio, disinteressandosi di ogni pericolo, nella volontà di poterle essere vicino, di poter nuovamente sentire la sua voce rivolgersi a me. Naturalmente restai in silenzio, limitandomi ad osservare dall’esterno la scena e ad aggiungere intimamente la necessità di ricercare un’altra pietra, oltre a quella di cui già avevo preso decisione, nel voler enfatizzare gli eventi di quella mattina, sebbene impossibile sarebbe stato dimenticarli.
Evidentemente, però, quei fatti mi influenzarono molto più di quanto non avrei voluto o potuto intendere al momento, in quel particolare frangente.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E quando ci vuole, ci vuole!

Feeeeeetish!

:PPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPPP

Sean MacMalcom ha detto...

Da uno che si può indicare con il termine "il collezionista di sassi" cosa ti saresti atteso? :P :P :P :D

Bentornato online! :D