11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 10 novembre 2008

305


L
a prima a discendere nello stretto pertugio fu proprio la Figlia di Marr’Mahew: nonostante Carsa si fosse proposta per prima e forse Be’Wahr, quale membro più robusto del gruppo, sarebbe forse stato più indicato a verificare che il cunicolo potesse reggere al loro passaggio, Midda non volle sentire ragioni lasciando pesare nella decisione la propria esperienza in quel genere di situazioni. Di fronte ad una simile argomentazione nessuno fra i tre poté obiettare e, pertanto, forte del bagliore proveniente dalla lampada ormai posta al termine di quel tragitto, la donna guerriero fu la prima a lasciarsi calare, dopo che la fune scelta a tale scopo venne ancorata in modo saldo al tronco di un albero non distante. Il tragitto fu meno complicato rispetto ai loro timori iniziali, ritrovando la terra prima considerata eccessivamente friabile in effetti più compatta di quanto non fosse apparsa: in poco, pertanto, ella raggiunse il proprio traguardo, sfoderando immediatamente la spada per essere pronta a qualsiasi evenienza.
Il paesaggio che si propose attorno alla mercenaria fu a dir poco fastoso, vedendo anche solo la flebile luce emessa dalla lampada ad olio rifrangersi contro marmi lucidi ed ori scintillanti: ella si ritrovò così all’interno di una stanza quasi quadrata, con dimensioni di circa venti piedi per lato. Su un lato della medesima, quello settentrionale se non aveva smarrito i propri punti di riferimento, era presente una soglia, comunicante con un’altra stanza, probabilmente simile ma all’interno della quale il di lei sguardo non era ancora in grado di spingersi. Sul fronte opposto a tale passaggio, altresì, era una prima statua in marmo bianco, raffigurante una figura femminile, vestita da un lungo abito e genuflessa in direzione di un’ipotetica divinità verso la quale stava offrendo le proprie preghiere: la fattura della statua si proponeva assolutamente pregevole, laddove le stesse pieghe della veste erano riproposte con una fedeltà, con una cura impressionante, offrendo un realismo assoluto all’opera al punto tale che, al primo istante, non si poteva non prendere in ipotesi l’eventualità che essa avrebbe potuto animarsi, prendere vita di fronte a lei. Altre due statue si concessero poi sui versanti occidentale ed orientale della stanza, raffiguranti altre simili immagini, altre donne in devota preghiera verso un qualche altare non visibile, non presente in tale contesto: nuovamente l’opera dell’ignoto artista era stata meravigliosamente accurata, presentando volti, mani e piedi così perfetti anche nella propria umana imperfezione da far temere che quelle statue fossero altresì conseguenza della pietrificazione di tre povere malcapitate. Accanto alle sculture ed alla porta, ricoprendo interamente le pareti dalle quali la donna guerriero era ora circondata, si proponevano una serie di lapidi, che ella non faticò a riconoscere come sigilli posti sulle tombe di coloro che lì erano stati sepolti: una ventina di individui, ella ebbe modo di contare, la cui vita o forse la cui morte era ricordata su ognuna di quelle pietre in una serie di incisioni dorate nella stessa lingua in cui era scritta la scitala, testi che alla mercenaria non fu concesso di comprendere, di identificare.

« Midda?! » richiamò, distraendola da tale studio, una voce da sopra di lei subito identificata quale quella di Be’Wahr « Tutto bene? »

Alzando il capo per rispondere a quella domanda, ad ella non poté sfuggire il lavoro di decorazione presentato nel soffitto di quella camera funeraria, composto a cupola ed ornato da una fitta maglia geometrica con innesti d’oro e di marmo: al centro, esattamente sopra di lei, si proponeva il breve tratto in pietra del cunicolo percorso, che da quel punto di vista si rivelava essere, probabilmente, un’antica presa d’aria, forse una torretta sospinta in superficie, che il tempo aveva completamente sommerso di terra. Non considerando l’antica età di quella necropoli, Midda aveva trascurato di prendere in ipotesi come il suolo sul quale avevano camminato, probabilmente, fosse stato portato in quel punto, a sommergere forme già parzialmente erose, nel lento scorrere del tempo, rendendo pertanto quanto a loro visibile dall’esterno non le fondamenta degli edifici ma, più probabilmente, le mura stesse, semiricoperte da un ampio strato di terra. In una simile situazione, pertanto, quell’apertura improvvisa nel terreno era stata per loro una vera fortuna laddove, osservando sotto i propri piedi, infatti, ella poté ritrovare i resti di quella che doveva essere la chiusura superiore della torretta all’interno della quale si era calata, franata sotto il peso della terra che l’aveva sovrastata: quel crollo, probabilmente molto recente, era stato utile ad aprire quel passaggio, quello stretto ed imprevisto cunicolo che stava offendo loro ingresso alla cripta, laddove altrimenti in reale accesso sarebbe stato da ricercare solo attraverso intense opere di scavo.

Non ritrovando apparentemente pericoli in quella sala, la risposta da offrire al resto della squadra fu semplice: « Via libera… raggiungetemi uno alla volta! »

In ordine, Howe, Carsa ed infine Be’Wahr ridiscesero nella sala, sguainando ognuno la propria arma una volta raggiunto il fondo, nel disporsi in maniera naturale a cerchio per potersi proteggere reciprocamente da eventuali pericoli provenienti su ogni fronte. Quando tutti e quattro furono nuovamente riuniti nella sala, fu il shar’tiagho a prendere parola, chiedendo numi in merito alle loro successive mosse.

« Se davvero abbiamo raggiunto il luogo dove desideravamo arrivare, ben presto dovranno esserci proposte le prove… » commentò la giovane donna, osservandosi con diffidenza attorno.
« Midda… » intervenne il biondo, guardando con curiosità e timore le lapidi « … vero che lì dietro non vi sono cadaveri secolari? »
« Credo proprio di sì, Be’Wahr… » rispose altresì la Figlia di Marr’Mahew, per poi proseguire rassicurante « Dopo tutto questo tempo, comunque, saranno ormai polvere… nulla di cui avere timore. »
« Direi che solo una è la nostra possibilità di proseguo… » aggiunse infine, rivolgendosi in risposta ad Howe ed alla domanda che aveva inizialmente espresso, nell’indicare l’unica porta offerta loro.

Oltre la soglia, l’ambiente loro offerto non si concesse poi diverso da quello alle loro spalle, per quanto più ampio e, chiaramente, di raccordo fra diverse zone: un largo corridoio, difatti, si apriva sulla loro mancina mentre a destra la sala terminava con un altro complesso scultoreo. Sul versante orientale, in questa particolare occasione, non una singola statua in marmo fu quella presentata al loro sguardo ma, addirittura, un insieme di tre elementi maggiori e numerosi elementi minori disposti alle estremità e superiormente ad un grosso sarcofago in marmo, quasi a prestare guardia a chi lì era stato posto a riposo in eterno, forse a ricordarne la figura e le gesta. Sul fronte settentrionale e su quello meridionale, accanto a loro nella soglia, altre e numerose erano le lapidi presenti, ognuna riportando scritte, per loro illeggibili, utili ad identificare chi era stato lì sepolto. Sul fronte occidentale, altresì, dove proseguiva il passaggio, si poteva intravedere, alla luce delle quattro torce che il gruppo portava con sé, un altro grande sarcofago, posto centralmente ad un ampio spazio dal quale altre due strade si concedevano, proseguendo da un lato in opposizione a loro e dall’altro verso sud: l’immagine mentale di quel luogo, pertanto, si stava delineando estremamente regolare, tanto da concedere al gruppo di ipotizzare di essere in una ramificazione minore del complesso sotterraneo assolutamente identica e speculare a quella che avrebbero ritrovato proseguendo nell’ala occidentale aperta davanti a loro.

« Ma quante tombe ci saranno? » sussurrò il biondo, non gradendo assolutamente il paesaggio offerto ai loro occhi.
« Troppe per i miei gusti… » rispose Carsa, storcendo le labbra.
« Troppe per i gusti di tutti… » intervenne Howe, in accordo con i compagni.
« Calmi… » suggerì Midda, osservandosi attorno con prudenza « Non dimentichiamoci della prima prova… “di coraggio dovrà dimostrar storia/allorché alcuna giaculatoria,/volta a lor che lo minacceranno,/vita a preservarlo serviranno.” »
« Chi potrebbe minacciarci qui sotto? » domandò il shar’tiagho, con un’intonazione retorica nella voce laddove un campanello d’allarme già stava risuonando nella di lui mente, spingendolo ad allontanarsi da quelle pareti.
« Non credo che ci piacerà scoprirlo… » replicò Be’Wahr, intuendo ciò a cui il fratello stava pensando.

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