11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 12 luglio 2008

184


U
n nuovo anno aveva visto la vita in Kofreya, regno sud-occidentale del continente di Qahr, riprendere il proprio corso dopo la conclusione dei mesi invernali e l’arrivo della primavera, in un primo mese di Pachma identico all’ultimo affrontato.
Al di là del ritorno di un clima più mite, al di là della ripresa delle attività agricole, al di là di ogni lunga lista di buoni propositi offerti in voto alla più disparata serie di divinità, ognuno secondo il proprio credo ed ognuno secondo le proprie convinzioni, nulla era mutato rispetto ad un anno prima, ritrovando i medesimi giochi di potere interni, le medesime guerre esterne, la medesima vita per tutti. Coloro che, come la maggior parte della popolazione, fino ad alcune settimane prima non erano stati in grado di sperare nella propria sopravvivenza, a confidare nel presente o nell’eventualità di un futuro, dopo i festeggiamenti del giorno di Transizione a fine inverno e del girono di Capodanno immediatamente seguente, si erano ritrovati esattamente nelle medesime stesse condizioni con le quali avevano salutato il termine del vecchio anno ormai concluso. Al contrario coloro che, in una misura estremamente minoritaria, fino ad alcune settimane prima si erano potuti permettere di sperperare immense ricchezze nella soddisfazioni dei propri capricci, anche più banali e superflui, nell’esecuzione dei propri comandi, dei propri voleri, dopo il passaggio al nuovo ciclo di rivoluzione solare non avevano avuto alcun timore di vedere mutata la propria condizione agiata e privilegiata, non avevano avuto dubbi nel ritrovarsi ancora esattamente come prima, come arrogantemente credevano di essere stati destinati ad essere da una volontà superiore, dal fato. L’umana esistenza, del resto, nulla era al di fuori di quello: un lungo ed inesorabile percorso circolare che, di anno in anno, di stagione in stagione, vedeva il proprio cammino ripercorrere i medesimi passi già compiuti, nell’inconscia consapevolezza che mai avrebbero potuto mutare da quel destino ma nell’immancabile speranza di poter sempre tendere a qualcosa di più: alla vita, per coloro a cui era negata, o a nuovo potere, per coloro che già ne possedevano in eccesso.
Per quanto il regno di Kofreya non risentisse eccessivamente della stagione invernale, ritrovando nella propria posizione e soprattutto nei propri confini meridionali un clima principalmente sufficientemente temperato pur dato tale periodo, con l’arrivo della primavera ogni attività aveva anch’esso ritrovato nuovo vigore, come al risveglio da un lungo riposo che, altresì, tale non era stato. Primi fra tutti i mercanti avevano ripreso ferventi i propri itinerari, non temendo più l’eventualità di passi montani bloccati dalla neve, nell’esigenza di portare rapidamente i propri commerci in sempre nuovi territori: nonostante tale proposito, ovviamente, essi avrebbero concluso la propria avventura ripercorrendo vie abitudinarie che li avrebbero condotti inevitabilmente a mercati già visitati, dove, invero, solo desideravano giungere a dispetto di ogni altra voce, di ogni parola detta in senso opposto. A salvaguardia di un simile traffico di merci, spesso preziose, oltre che di oro, la richiesta di personale mercenario non mancava ed, anzi, nell’incessante guerra di confine con il regno di Y’Shalf, nel pericolo rappresentato dai briganti e nelle disfide territoriali interne fra piccoli signori, i mercanti si ritrovavano ad avere necessità di sempre più uomini e donne da porre a difesa delle proprie ricchezze, trasformando così le proprie missioni commerciali in vere e proprie operazioni paramilitari. La maggior parte di essi, per sopperire ad un simile fabbisogno, rivolgeva le proprie attenzioni verso la Confraternita del Tramonto, una libera organizzazione mercenaria che vedeva riunite nelle proprie vaste schiere uomini e donne provenienti da ogni parte del regno con il desiderio di ritrovare reciproco supporto e maggiore potere di contrattazione con i diversi mecenati: pur non essendo, nelle proprie origini o nei propri scopi, un’iniziativa negativa, la Confraternita nel corso del tempo aveva acquisito sempre più potere in quasi tutte le province, imponendosi spesso tramite l’abuso della forza sopra chiunque potesse competere con loro ed impedendo, in ciò, la possibilità per i mercenari indipendenti di riuscire a sopravvivere a lungo come tali. Solo ai mercenari migliori, ai guerrieri più abili, era permesso di continuare ad esercitare la propria professione all’interno di quel dominio, non per volontà della stessa Confraternita ma in conseguenza della propria forza, del proprio valore, del proprio coraggio, che concedevano loro di imporsi sopra a qualsiasi avversario, di diventare sempre più richiesti, sempre più desiderati dai vari possibili mecenati.
In quei giorni primaverili all’interno dell’osteria di un villaggio rurale sito a non più di un giorno a cavallo dalla città di Kirsnya, capitale dell’omonima provincia ad occidente del regno, si trovava una donna, una mercenaria entrata nel mito per le proprie imprese incredibili che le avevano valso molte ballate, ultima fra tutte in tempi recenti quella che l’aveva vista consacrata con l’appellativo di Figlia di Marr’Mahew, dea della guerra: Midda Bontor. Da ormai un’intera settimana, ella attendeva silenziosamente seduta in un angolo del locale, concedendosi interruzione in tale vigilante veglia solo per dedicarsi la cura del proprio corpo e per il riposo notturno, entrambe attività che svolgeva in una stanza presa in affitto all’interno di quello stesso edificio. Da quando era giunta in quel tranquillo insediamento di allevatori e contadini, abbastanza lontani dai fronti caldi per poter continuare a cercare di vivere un’esistenza quasi consueta, ella non aveva rivolto la propria attenzione a nessuno, la propria parola ad anima viva, nell’unica ovvia eccezione dell’ostessa, proprietaria del luogo. Solo con quest’ultima ella si era relazionata nella necessità di mangiare, bere e dormire, oltre a quella di usufruire di una tinozza per provvedere alla pulizia del proprio corpo con un bagno, ma al di fuori di simili normali richieste di una cliente consueta, la mercenaria non aveva neanche provato a conoscere un nome o un qualsivoglia appellativo della propria interlocutrice, fornendo altresì senza problemi ogni propria credenziale e facendo, in tal modo, rapidamente diffondere la voce della sua presenza lì. Nulla sembrava poter essere in grado di smuoverla dalla posizione che aveva acquisito in quell’osteria, nulla sembrava poterle interessare oltre le mura che la circondavano, nonostante alcuna atonia fosse presente nel di lei sguardo o nelle di lei azioni: se da un lato, infatti, i due occhi color ghiaccio rilucevano vivi e scattanti sotto i ciuffi corvini di capelli che, indisciplinatamente, le ricadevano talvolta davanti al viso, non permettendo ad alcun movimento di essere compiuto all’interno o all’esterno del locale senza che ella ne avesse immediatamente analizzato le implicazioni; dall’altro la donna non si concedeva la possibilità di perdere il proprio controllo, di smarrire la propria prontezza di riflessi, rifiutando qualsiasi offerta di cibi o bevande che potessero risultare minimamente inebrianti, ponendosi ben lontana da ciò che si sarebbe potuto attendere da chi da oltre una mezza dozzina di giorni non lasciava un tavolo d’osteria. Inevitabile, in tutto ciò, era ipotizzare come ella fosse in attesa, paziente e silenziosa, di un qualche evento, attesa che non poté non coinvolgere l’interesse di tutti coloro che in quel villaggio vivevano o si erano ritrovati a passare per caso in tale periodo.
Ogni impegno che ella avrebbe potuto avere, però, fu reso vano dall’arrivo di un contingente dell’esercito kofreyota, un gruppo armato di una trentina di elementi, inviato lì unicamente per lei. Marciando con ritmo cadenzato, i soldati nelle proprie uniformi blu ed argento, ammantanti con mantelli di vari colori, indicanti diversi gradi gerarchici, si disposero senza fretta, senza premura, attorno al perimetro dell’edificio, per evidentemente prevenire ogni possibilità di fuga della donna guerriero dallo stesso. Il loro comandante, un giovane tenente dai corti capelli rossi circondanti un viso ovale e fanciullesco ornato da chiari occhi verdi, fu l’unico che avanzò all’interno dell’osteria, dopo la fine di simili manovre. Nessuno dei presenti nell’edificio sembrò offrire peso a quell’azione, a quella presenza, non avendo alcuno fra essi ragioni di temere il proprio stesso esercito, le forze armate della nazione con cui non sentivano di avere conti in sospeso: neppure Midda sembrò porsi in allarme, per quanto i di lei occhi non evitarono di puntare con freddezza ed attenzione al nuovo arrivato, il quale avanzò verso di ella, fino a porsi fiero ed eretto accanto al tavolo dove era accomodata.

« Midda Bontor. » dichiarò con tono di voce forte e deciso, quello di un uomo abituato ad essere obbedito ai propri ordini, ascoltato alle proprie parole « E’ questo il tuo nome, vero? »
« Mmm… » aggrottò la fronte ella, sollevando lo sguardo con aria sorniona « Può darsi: cosa cerchi, ragazzo? »
« In conseguenza delle accuse di pirateria già pendenti sul tuo capo nella provincia di Kirsnya ed in conseguenza di nuove imputazioni offerte a tuo carico, quali l’evasione dalle prigioni della capitale nonché il rapimento e l’assassinio di lord Sarnico, sono giunto qui per porti in stato d’arresto. » continuò con fermezza il tenente, non prestando attenzione al tono della donna « L’uso della forza è stato preventivamente autorizzato, ma personalmente preferirei evitarlo. »
Sorridendo divertita dalla chiara consapevolezza delle ragioni che portavano l’ufficiale ad offrirle tanta cortesia, la mercenaria levò lentamente le proprie mani verso di egli, prima di sollevarsi altrettanto delicatamente, quasi sensuale in un gesto indolente che non era proprio alla di lei natura, a dimostrare la propria mancanza di avversione verso di egli, commentando semplicemente: « Ce ne avete messo di tempo per decidervi a raggiungermi… »

7 commenti:

Anonimo ha detto...

E gli uomini di mare intanto chissà dove se ne stanno, ormai...

Ci vorrebbe qualcuno che la guidasse, altrochè!
"Ecco, ora nasconditi e fingi di essere una persona comune, maschera il braccio e non scannare gente... dobbiamo trovare gli amici lasciati in balia delle onde..."

Sean MacMalcom ha detto...

Uomo di poca fede! :P

Vedrai che tutti i nodi verranno al pettine! :D

Anonimo ha detto...

Una nuova avventura di Midda! Che bello! Bravo Sean! Spero di avere il tempo di seguirmela dal vivo (cioé giorno per giorno). Volevo chiederti ma i due "verso di egli" nelle ultime righe sono voluti? Leggendo avrei trovato più scorrevole un "verso di lui" o "verso questi".

Sean MacMalcom ha detto...

Ciao Archmage! :D
Benvenuto e grazie per il tuo interesse (oltre che per il tuo intervento)!!!

Per quanto riguarda la tua domanda, la risposta è forse un po' banale e vale non solo per questo caso specifico ma in generale per ogni costrutto "discutibile" che tu ed altri lettori potrete trovare nel seguire questa blog novel. I ritmo intenso che mi sono imposto nella scrittura di queste storie, infatti, con tempi quotidiani e quantità minime predefinite (in origine una pagina e poche righe di Word, salite ormai ad una pagina e mezza abbonante con punte di due pagine piene per quanto aveva riguardato l'avventura a bivi) mi porta a non concedermi eccessivi spazi di revisione. Sostanzialmente, come non ho mai nascosto di fare, ogni episodio che pubblico è stato magari scritto sì con qualche giorno di anticipo, ma creato di getto e riletto/rieditato solo una volta prima della pubblicazione del medesimo. Non arrogandomi qualità letterarie che non mi sono proprie ed ammettendo tranquillamente i miei limiti amatoriali, quindi, ciò che scrivo in questo modo (per quanto ovviamente mi impegni a mantenere il massimo della qualità che riesco ad offrire) può presentare qualche pecca, soprattutto con forme a volte contorte e ripetizioni che, magari, mi sfuggono in fase di rilettura.

Anche per questa ragione la pubblicazione cartacea del prossimo gennaio avrà comunque un valore aggiunto rispetto a quanto finora proposto, prevedendo una profonda opera di editing che sicuramente vedrà ancora presenti delle pecche (sono una persona comune, non un insegnante di lettere, un grande scrittore o un revisore) ma che, si spera, riuscirà a vedere offerto un prodotto comunque migliore rispetto a quanto messo a disposizione online.
Sia chiaro che con questo non voglio dire che "scrivo a ca$$o" quando pubblico qui nel blog perché tanto poi sistemerò il tutto a gennaio. Assolutamente no: in ogni episodio cerco di mettere tutta la mia attenzione, la mia creatività, la mia buona volontà, come se già domani dovesse essere poi stampato su carta. Ciò che sarà a gennaio (o, meglio, a dicembre) non sarà una "riscrittura in bella", ma semplicemente una revisione ad evitare anche semplicemente errori di battitura, di declinazioni verbali o di ripetizioni, che nulla però modificheranno di quanto offerto finora.
Ti dirò che, addirittura, la mia primissima idea era di pubblicare a gennaio esattamente quanto raccolto nei PDF, idea che poi sono stato portato a cambiare nella giusta considerazione di dover concedere un minimo di riguardo in più in una nuova rilettura e revisione a coloro che comunque offriranno anche il loro denaro per acquistarlo (purtroppo i costi di base di Lulu.com non possono essere evitati... dal canto mio, per puntare al ribasso del prezzo, non prevederò alcun riconoscimento economico personale).

Grazie ancora per la tua visita ed il tuo commento! :)

Anonimo ha detto...

Figurati, chiedevo giusto a titolo informativo. Comprendo pienamente le ragioni da te citate e visto che errori ne faccio io stesso quando scrivo nei miei PbF di poche righe trovo quantomeno umano poterne fare in opere di ben diversa massa.

Anonimo ha detto...

Ancora non sono andatoa vedere sti famosi costi di base di Lulu, ma a posto tuo, un minimo compenso lo prevederei sempre! Sempre! Quest'opera, per quanto partita in modo amatoriale, e per quanto volta all'autopubblicazione è qualcosa in cui credi, no?
Allora, comportati di conseguenza! ;) Anche una cosa minima di un mezz'euro a copia, ma un qualcosa per te! ;)

Sean MacMalcom ha detto...

@Archmage: grazie ancora per il tuo interesse ed il tuo commento! :D

@Palakin: sicuramente è qualcosa in cui credo e di cui vado fiero, impegnando in essa quasi la totalità del mio tempo libero. E proprio per questo, da un mio punto di vista forse errato, trovo bello e giusto cercare di venderla (quando sarà) a guadagno zero, in quanto il mio scopo non è quello di ottenere qualcosa da essa ma, semplicemente, di scriverla per svago e di divertirmi facendolo! Se poi qualcuno giudicherà di voler investire i propri soldi per onorarmi dell'acquisto del libro, per me sarà una soddisfazione mille volte superiore a quella di qualsiasi guadagno, per quanto minimo o massimo esso sia! :)